Sono passati 18 anni da quella fredda notte di Natale e da quella partita di poker in cui Franco Mattioli perse tutto quello che aveva al tavolo verde, davanti ai suoi amici di una vita e contro il subdolo avvocato Santelia, che finse a lungo di essere il classico "pollo" da spennare, per poi rivelarsi all'improvviso un esperto professionista delle carte da gioco. Sono passati 18 anni ma, come dice Franco ad inizio film: "quella partita non è ancora finita". A lungo auspicato dalla folta schiera di appassionati del regista bolognese e del suo magnifico cult del 1986, ecco arrivare il seguito di Regalo di Natale, ancora scritto e diretto da Avati e con il ritorno dell'intero cast al completo (Diego Abatantuono, Gianni Cavina, Carlo Delle Piane, George Eastman, Alessandro Haber), per continuare quella memorabile partita di poker. Franco si è ripreso economicamente, vive ancora a Milano e gestisce sempre una catena di cinema, con notevole successo. Ma continua a ripensare sempre a quella notte indimenticabile e cerca la sua rivincita al tavolo da poker. Dopo aver conosciuto a una festa un medico oncologo, che gli confessa di essere un patito del gioco d'azzardo e di aver sentito il racconto di tutti i particolari della loro partita di 18 anni prima, Franco si decide a partire per Bologna, dove contatta Lele, Stefano ed Ugo, per convincerli a rintracciare Santelia e organizzare una nuova partita tutti insieme. Tra sospetti, alleanze, tradimenti, conti da regolare e colpi di scena, ha inizio la rivincita di Natale. In questo intenso dramma da camera Pupi Avati mette di nuovo in scena cinque uomini che si sfidano a poker al tavolo verde, ma con 18 anni e molte delusioni in più. Con un surplus di amaro disincanto e di acido cinismo il regista porta in scena la provincia italiana di oggi, mostrando chiaramente che tutto è peggiorato: falsità, egoismo, arrivismo, vanità ed imbrogli sono ormai divenuti la squallida "normalità" di una società alla deriva, trascinata da un'inerzia di patetica amoralità. L'autore non nasconde il tempo trascorso sui volti e sui corpi dei cinque protagonisti, ne mette a nudo le fragilità e i malcostumi attraverso la metafora della partita a poker e li ritrae come figure emblematiche del contesto ambientale in cui agiscono: nessuno tra di loro è pienamente innocente e tutti hanno scheletri nell'armadio e cose di cui pentirsi. In questo affresco dolente e pessimistico di miserabile umanità, il regista concede però ai suoi personaggi la tenue luce soffusa di una dolce malinconia, quella delle occasioni perdute e dei begli anni passati in un lampo, con la stessa velocità con cui si mescola un mazzo di carte. I diversi ribaltamenti narrativi che caratterizzano la trama suonano a volte un po' forzati, ma le interpretazioni dei cinque attori principali sono eccellenti, ed è un piacere rivederli ancora tutti insieme, seduti a quel tavolo, 18 anni dopo: un inevitabile e sincero effetto nostalgia su cui Avati ha ovviamente giocato. Inutile dire che è un film imperdibile per gli appassionati del primo "capitolo", senza dubbio inferiore all'originale ma sopra la media dei vari prodotti italiani che ogni anno escono in sala.
Voto:
Nessun commento:
Posta un commento