lunedì 25 ottobre 2021

...e ora parliamo di Kevin (We Need to Talk About Kevin, 2011) di Lynne Ramsay

Eva è una donna che ha rinunciato ai suoi sogni di realizzarsi nel mondo del lavoro, lasciando la caotica e amata New York per vivere in campagna, e dedicarsi all'educazione di suo figlio Kevin, nato fortuitamente e non pianificato. Kevin si è dimostrato fin da subito un bambino difficile, disobbediente, lamentoso e introverso, e il rapporto tra lui e la madre è stato sempre complicato e conflittuale. Suo padre Franklin è un uomo buono ma anche assente, incapace di incidere nella vita familiare e pavido nel carattere. Quando Kevin ha 16 anni accade una terribile tragedia, che cambierà le loro vite per sempre, lasciando Eva in preda ad un tumulto di angosce, sensi di colpa e domande che cercano una risposta. Oscuro dramma psico-familiare di Lynne Ramsay, tratto dal romanzo omonimo di Lionel Shriver, che indaga con sensibilità femminile le molteplici sfumature interiori della maternità, in un rapporto teso, doloroso e a tratti morboso, volutamente parossistico, graficamente estetizzato con uso pregnante (e a tratti disturbante) dei colori, che marcano allegoricamente alcuni elementi simbolici, rendendo la visione un'esperienza truce e difficile da dimenticare, anche per la carica sinistra dei contenuti. I momenti migliori del film sono nel sottile gioco di allusioni e di ambiguità, nei silenzi inquietanti, negli sguardi profondi, nel sottinteso che non viene esplicitato, di cui il drammatico finale rappresenta l'apice emotivo, tutto da interpretare. E' un'opera conflittuale edificata sui conflitti, a cominciare da quello tra una forma visivamente debordante e dei contenuti che tendono a trattenere in maniera implosiva le pulsioni, tranne che nella scena madre che viene raccontata con cupa enfasi teatrale. Molto si deve anche alle ottime interpretazioni di una intensa Tilda Swinton e di un agghiacciante Ezra Miller, mentre il solitamente bravo John C. Reilly appare un po' sotto tono, forse anche per la natura del suo personaggio, che è di puro contorno. Controverso e angosciante, ma anche potente, tragico, pervasivo, strisciante e di grande malia tetra, è un film d'essai tipicamente da festival, che ha riscosso, in egual misura, elogi e perplessità da parte della critica. La Swinton, qui anche in veste di produttrice esecutiva, riconferma il suo ruolo di punta di diamante del cinema d'avanguardia, mai banale nelle scelte e sempre magistrale nelle interpretazioni di ruoli complessi.
 
Voto:
voto: 3,5/5

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