Tre
giovani disadattati, due maschi e una femmina, Jim, Plato e Judy, vivono
esistenze tormentate a causa delle difficili situazioni familiari. Si fanno
coinvolgere nella pericolosa “chicken run”, una folle sfida alla morte che
consiste in una corsa in auto lanciate verso un precipizio, da cui il
conducente deve buttarsi il più tardi possibile per dimostrare il suo coraggio.
Durante una sfida tra Jim e il rivale Buzz, è il secondo a lasciarci la pelle e
la polizia si metterà sulle tracce dei tre amici, ricercati per concorso in
omicidio. Celeberrimo dramma esistenziale sul tema del disagio giovanile, è
presto divenuto un cult generazionale per schiere di ragazzi che si sono
identificati con lo spirito inquieto e ribelle dei protagonisti. E’ uno dei tre
film (insieme a La valle dell'Eden
(East of Eden, 1955) di Elia Kazan e Il
gigante (Giant, 1956) di George Stevens) che fecero di James Dean un divo
leggendario, l’icona dei “ribelli senza causa” degli anni ‘50 e il mito di
un’intera generazione irrequieta e sradicata per definizione. Mitizzato a
prescindere da tutti i suoi numerosi fans, questo film ha indubbiamente molti
meriti: una regia accorta e sensibile, un ritmo serrato, un montaggio incisivo,
la fotografia solare di Ernest Haller, molte sequenze memorabili, il bel
commento musicale di Leonard Rosenman e le ottime interpretazioni di tutto il
cast, in cui svettano Sal Mineo e Natalie Wood, entrambi candidati all’Oscar
come non protagonisti. E’ probabilmente la pellicola più famosa sul malessere
adolescenziale, capace di descrivere con lucida intensità i tormenti del
difficile passaggio all’età adulta, senza dimenticare le colpe di un’intera
società in declino, la cui cattiva coscienza si specchia, con amaro disincanto,
nelle vite maledette dei giovani ribelli protagonisti, figli disperati di
genitori assenti e incapaci di comprenderne i profondi turbamenti. Alla sua
uscita suscitò anche aspre polemiche per i temi trasgressivi e per la sua
presunta glorificazione del ribellismo, a forte rischio di emulazione da parte
dei più giovani. In realtà quello che scosse maggiormente il conformismo dei
benpensanti furono le tematiche sulla repressione sessuale: quella di Judy ma,
soprattutto, quella di Plato, le cui tendenze gay sconvolsero i moralisti
bacchettoni dell’epoca. A volerci trovare un vero punto debole si può citare il
sentimentalismo di alcune sequenze, che specialmente oggi appare ingenuo e
datato, ma che va letto nell’ottica dell’adesione emotiva del regista rispetto
al tema della narrazione. Il titolo italiano è entrato nel linguaggio comune,
consolidandone lo stato di grande classico imperituro. Il fascino “maledetto”
del film è stato sovralimentato dalla morte tragica e prematura dei tre
protagonisti: Dean perse la vita in un incidente stradale un mese prima
dell’uscita in sala della pellicola, Mineo fu assassinato nel 1976 e la Wood annegò misteriosamente
(in circostanze mai davvero chiarite) nel 1981. Come disse Truffaut, James Dean
è l’incarnazione perfetta dell’eroe “baudelairiano”, tenero e crudele,
affascinante e dannato, inevitabilmente “fuori” da un mondo cinico che ne
mortifica l’utopia di innocente purezza.
La
frase: “Vorrei che ci fosse un solo giorno in cui io
non debba sentirmi così confuso e non debba provare la sensazione di
vergognarmi di tutto.”
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