mercoledì 27 aprile 2016

Rapina a mano armata (The Killing, 1956) di Stanley Kubrick

Johnny Clay, rapinatore appena uscito di prigione, organizza un grosso colpo da due milioni di dollari all’ippodromo di Long Island, reclutando una banda di insospettabili. La rapina, minuziosamente preparata dall’abile Clay, riesce alla perfezione ma i guai iniziano al momento della spartizione del bottino con i complici. Infatti il più debole di loro, succube dell’avida moglie che lo tradisce con un uomo più giovane, non riesce a mantenere il segreto con la donna, che organizza un piano per rubare il malloppo e fuggire con il suo amante. L’azione sleale porterà ad una strage (il “killing” del titolo originale) a cui sopravvivrà il solo Clay, che non dovrà più dividere con nessuno l’ingente somma. Ma il destino ha in serbo altre sorprese. Terzo lungometraggio di Stanley Kubrick e primo capolavoro per il regista newyorkese che dà così inizio alla sua carriera leggendaria con un susseguirsi di opere memorabili che hanno definitivamente cambiato la Storia del Cinema, ridefinendo i codici di ciascuno dei generi con cui il grande Maestro si è cimentato. Tratto dal romanzo “Clean Break” di Lionel White, quest’opera magistrale rivoluziona gli stilemi di un genere ampiamente consolidato come il noir attraverso la sua innovativa (e geniale) struttura narrativa, gelida e geometrica, con la quale l’autore ci propone più volte la medesima storia da molteplici punti di vista, creando così un racconto ellittico di straordinaria suggestione ambigua. E’ questo il punto di forza assoluto, per la sua spiazzante originalità, di un plot altrimenti canonico che, nelle mani del genio Kubrick, diventa un possente apologo sulla sconfitta e sull’ineluttabilità del destino, che beffardamente scompagina le ambizioni umane e ne mortifica le ambizioni di controllo sugli eventi. Il regista si confronta con un genere classico, nobile ed esteticamente stabilizzato, rinverdendone lo stile con il suo estro artistico, grazie all’utilizzo del flashback circolare di tipo sincronico, permettendo così allo spettatore di “partecipare” alla minuziosa fase preparatoria del colpo osservandolo da prospettive differenti, ciascuna delle quali consente anche l’approfondimento psicologico di ciascuno dei personaggi coinvolti nella fitta trama. Paradossalmente questo meccanismo perfetto non viene volutamente applicato all’evento centrale della vicenda (la strage che dà anche il titolo all’opera in lingua originale), di cui ci viene offerto solo una fugace istantanea a posteriori. Questo arguto meccanismo fu poi abilmente ricalcato da Tarantino nel suo esplosivo film d’esordio, Le iene. Altri aspetti eccellenti dell’opera sono il ritmo incessante, che garantisce una suspense di alta tenuta, e la tecnica di ripresa immersiva, con la macchina da presa che tampina i personaggi senza dargli tregua, sottolineandone il ruolo di mere pedine nelle mani di un deus ex machina che sembra essere Johnny Clay ma, in realtà, è il fato. Nel cast svetta il protagonista Sterling Hayden, attore di grande affidamento e perfettamente a suo agio con il genere dei caper movie. Alla sua uscita la pellicola non ottenne il successo sperato al botteghino, ma entusiasmò la critica per la portata innovativa, il rigore formale e l’esuberanza creativa, al punto che molti osannarono il giovane regista ventottenne come l’erede naturale di Orson Welles.

Voto:
voto: 5/5

1 commento:

  1. Capolavoro! Studiato a tavolino come in una magistrale partita agli scacchi che Kubrick tanto amava. Ed un sottofondo musicale perfetto..
    grazie

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