lunedì 18 aprile 2016

Le idi di marzo (The Ides of March, 2011) di George Clooney

Il giovane Stephen Meyers è un talentuoso guru della comunicazione che si occupa, in qualità di vice responsabile, della campagna stampa del governatore democratico Mike Morris, in lizza per la presidenza degli Stati Uniti. Tentato dalla concorrenza, con cui accetta un incontro per soddisfare la propria vanità, viene scoperto dal suo supervisore, l’esperto Paul Zara, e finisce per perdere il posto. Quando Meyers intuisce che dietro la tragica fine di una giovane stagista, morta per overdose di pillole, c’è un possibile scandalo sessuale che coinvolge il governatore, decide di sfruttare la situazione a suo vantaggio. Lucido thriller politico diretto da Clooney con aspro cinismo e con un oscuro senso tragico che guarda ai grandi drammi storici di matrice shakespeariana. Fedele alla tradizione dei classici del cinema d’impegno civile degli anni ’70 (a cui il regista chiaramente si ispira), il film va ben oltre il tema degli intrighi politici e della congiure di palazzo, per ergersi ad amaro apologo sulla rapacità, sull’opportunismo e sulla doppiezza morale che sono alla base di quell’arrivismo incarnato dal sogno americano. La messa in scena teatrale, forte di una solida sceneggiatura scritta dallo stesso regista insieme a Grant Heslov e Beau Willimon, e lo stile lineare si mettono totalmente al servizio di un cast di star in gran forma, tra cui citiamo Ryan Gosling, Philip Seymour Hoffman, Paul Giamatti, Evan Rachel Wood, Marisa Tomei e lo stesso Clooney nei panni del subdolo Mike Morris. L’evoluzione del personaggio di Gosling assume la forma di un cinico romanzo di formazione sulla perdita dell’innocenza e sulla caduta delle utopie di un sistema politico ferocemente pragmatico e spietatamente amorale, pronto a sacrificare ogni cosa sull’altare del potere. In quest’opera dall’anima nera, purtroppo drammaticamente realistica ma priva di qualunquismo di maniera, c’è però ampio spazio per una fiera indignazione civile (quella che il regista intende suscitare nello spettatore), più che per la pessimistica rassegnazione che alcuni ci hanno voluto vedere. Clooney conferma il suo approccio registico classico e il suo ammirevole rigore etico in una pellicola amara, densa di corrosiva denuncia e di maturo disincanto. Efficace la colonna sonora di Alexandre Desplat, capace di suggerire la giusta enfasi tragica nelle scene madri.

Voto:
voto: 3,5/5

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