martedì 5 aprile 2016

New York Stories (New York Stories, 1989) di Martin Scorsese, Francis Ford Coppola, Woody Allen

Tre episodi d’autore dedicati alla città di New York, icona dell’America nell’immaginario collettivo. Un pittore d’avanguardia si dibatte tra crisi d’ispirazione artistica e affanni sentimentali, perché la sua giovane amante (e allieva) lo vuole lasciare. Una dodicenne ricchissima, che vive in una casa da sogno tra agi e maggiordomi, è, in realtà, profondamente infelice perché i suoi genitori, entrambi concertisti famosi sempre in giro per il mondo, non trascorrono mai del tempo con lei. Un avvocato, succube di una madre ossessiva e petulante, cerca invano di liberarsi dal giogo di lei per vivere in pace le sue storie d’amore, ma la donna sembra onnipresente. Le tre storie sono: Lezioni dal vero di Martin Scorsese, La vita senza Zoe di Francis Ford Coppola ed Edipo relitto di Woody Allen. Scorsese e Allen sono newyorkesi doc, mentre Coppola è un acquisito. Come in tutte le pellicole a episodi il risultato è altalenante e poco omogeneo. Il primo segmento (il migliore) è un piccolo capolavoro sul rapporto tra arte e vita, con evidenti richiami a Dostoevskij, interpretato con furia autolesionista da un carismatico Nick Nolte, a cui si affianca la sempre affascinante Rosanna Arquette. Le sue atmosfere stravaganti richiamano in parte quelle di Fuori orario. Memorabile la scena in cui Nolte dipinge un quadro, con il cuore infranto, traendo ispirazione da una musica indiavolata. L’episodio di Coppola, per quanto esteticamente superbo grazie alla solita splendida fotografia di Vittorio Storaro, è il più debole dei tre: una fiaba gentile ma frivola sul lato oscuro della ricchezza, vista dalla prospettiva dei figli viziati, agiati e privi di calore umano. Il regista cerca di mettere alla berlina la vita dorata e fasulla dei quartieri alti (Park Avenue, nello specifico), ma si ferma solo alla patina. Nel cast c’è Giancarlo Giannini insieme a Talia Shire e Heather McComb. Il segmento alleniano, interpretato dal regista stesso, è quello più divertente e le sue disavventure di ebreo nevrotico, costretto ad andare in analisi per colpa di una madre possessiva che ne castra i sogni di libertà sessuale, sono indubbiamente esilaranti nel loro brio grottesco. Paga il dazio di una certa prolissità e di alcune situazioni eccessivamente caricaturali. Nel cast, oltre al mattatore Allen, ci sono Mia Farrow e l’esordiente Kirsten Dunst, che all’epoca aveva soli sette anni.

Voto:
voto: 3,5/5

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