mercoledì 27 aprile 2016

Gli amori di una bionda (Lásky jedné plavovlásky, 1965) di Milos Forman

Andula, un’operaia cecoslovacca frustrata dalle ristrettezze di una vita di scarse prospettive nel suo piccolo paese provinciale, conosce un pianista di Praga durante una festa e si fa sedurre dall’uomo, colto e affascinante. Quando lui parte la ragazza decide di seguirlo a Praga, ma si scontra con un’accoglienza fredda e scostante sia da parte del pianista che della sua famiglia. Una volta tornata alla sua fabbrica Andula sceglie di raccontare alle amiche una fantastica “favola” di avventure amorose nella capitale, corrispondente a ciò che avrebbe ardentemente desiderato. Il terzo lungometraggio di Miloš Forman, prima dei suoi capolavori americani di grande successo, è una caustica satira agrodolce sulla società cecoslovacca comunista dell’epoca, che oscilla tra il melodramma e l’affresco di costume pervaso da ironia corrosiva. Tra momenti tragicomici alternati ad altri commoventi di sublime poesia, l’autore ci propone un lucido ritratto provocatorio della difficile realtà del suo paese natio, dissacrando sia l’ingegneria sociale del regime comunista sia il bieco conformismo della media borghesia di città, solo in apparenza più “civilizzata” rispetto alla squallida provincia industriale. L’unico personaggio con cui il regista stabilisce una bonaria empatia è l’ingenua protagonista, vittima inconsapevole di un sistema totalitario umiliante per la dignità umana, il cui tenace idealismo sentimentale appare, al tempo stesso, tenero e patetico, simbolo evidente di un’utopia politica destinata al fallimento. Forman pone la massima enfasi stilistica nelle scene di massa, riprese con una tecnica documentaristica e con la macchina da presa collocata in posizione occasionale, in modo da cogliere le atmosfere del tempo con il massimo risalto realistico. La regia sapiente amalgama perfettamente l’utilizzo di attori non professionisti accanto ad altri più esperti, e conferisce all’opera assoluta verosimiglianza e limpido rigore, permettendo il pieno raggiungimento del suo scopo critico: la dimostrazione di quanto il contesto sociale influenzi e determini la vita delle persone. Il film riscosse un buon successo di pubblico e critica ed ottenne la candidatura agli Oscar 1967 come miglior film straniero, ma fu sconfitto da Un uomo, una donna di Claude Lelouch.

Voto:
voto: 4,5/5

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