mercoledì 13 aprile 2016

Prêt-à-Porter (Prêt-à-Porter, 1994) di Robert Altman

A Parigi, durante la frenetica settimana del Prêt-à-Porter, arrivano addetti ai lavori, giornalisti, turisti o semplici curiosi occasionali da ogni parte del mondo. Sullo sfondo di un evento tragico, la morte del grande capo del Consiglio della Moda, Olivier De La Fontaine, strozzato da un panino al prosciutto, si avvia un’inchiesta giudiziaria (con la moglie prima sospettata) e s’intersecano le storie di molti personaggi. Tra questi una reporter in carriera, un fotografo impiccione, due giornalisti che fingono di partecipare all’evento ma passano il tempo chiusi in camera ad amoreggiare, un sarto che cerca di riallacciare i rapporti con la vedova De La Fontaine, di cui un tempo era stato amante, due sbirri imbranati, uno stilista che dirige modelle tutte di colore o la bizzarra Simone Lowenthal, a capo di un noto marchio di moda che sarà venduto su due piedi dal figlio a un industriale texano. Ma nonostante tutto lo spettacolo deve continuare. Commedia “leggera” e “modaiola” (nel tono e nel tema) di Altman che, dopo aver rivolto il suo sguardo sulfureo al mondo del cinema nel graffiante capolavoro I protagonisti, sembra voler ripetere l’esperimento con il mondo della moda, da cui è affascinato pur essendone un profano. Il risultato è un film brioso ed elegante ma poco incisivo, ironico più che caustico, nostalgico più che lucido. Alla sua uscita fu un flop clamoroso, odiato dai critici e bistrattato dagli esponenti del settore che si dissero offesi da un ritratto superficiale e sgradevole che ne espose, a dir loro, solo l’aspetto commerciale, ignorandone quello artistico. In parte è vero ma il grande regista americano forse intendeva proprio far questo: un affresco patinato e bonario sul nulla, ovvero su un mondo fasullo costruito interamente sull’apparire, sull’ostentare, sulla stimolazione voyeuristica dei sensi attraverso l’esibizione spudorata della bellezza. Non tutto funziona a dovere in quest’opera corale, ricca ma ridondante, a volte confusa nel suo esagitato proliferare di vicende e di personaggi: stavolta sono 31 e non tutti ugualmente riusciti o necessari. Quello che realmente manca a questo mirabolante circo delle illusioni è la perfida critica urticante del suo autore, stavolta riservata solo ai personaggi del mondo dei mass media. Nell’imponente cast citiamo Jean-Pierre Cassel, Kim Basinger, Stephen Rea, Anouk Aimée, Rupert Everett, Forest Whitaker, Julia Roberts, Tim Robbins, Lauren Bacall ed i nostri “mostri sacri” Marcello Mastroianni e Sophia Loren, che rifanno la celebre scena dello spogliarello di Ieri, oggi, domani. La sequenza finale della surreale sfilata di modelle nude è, probabilmente, la più riuscita di un film che non morde, ma intrattiene con gusto spumeggiante. Un Altman a giri ridotti ma pur sempre un Altman, e scusate se è poco.

Voto:
voto: 3,5/5

Nessun commento:

Posta un commento