venerdì 8 aprile 2016

Il tè nel deserto (The Sheltering Sky, 1990) di Bernardo Bertolucci

Negli anni ’40 due ricchi coniugi americani, in profonda crisi interiore, partono per l’Africa insieme all’amico George alla ricerca di un’esperienza forte che possa rivitalizzarli. Sbarcati a Tangeri si inoltrano nel deserto algerino dove lui si ammala di tifo e muore. La donna si unisce a una carovana di Tuareg, diventando l’amante del loro capo. Affascinante dramma esistenziale tratto dall'omonimo romanzo di Paul Bowles, che procede austero, tra angosce esistenziali e paesaggi mozzafiato, in un percorso ieratico di dolore interiore che non è mai urlato ma, piuttosto, sussurrato, pervaso più dalla malinconia che dal sentimento. E’ un’opera profonda, intimista ed “appartata”, per quanto i suoi confini “limitanti” siano quelli della vastità del deserto, splendido e terribile, che non basta a contenere il vuoto intrinseco dei tormentati protagonisti. Più che una critica alla borghesia inerte e viziata, è una dolente sinfonia in requiem sul tramonto dei valori occidentali e sulla ricerca di un’umanità, di una sensibilità, di una sessualità e di una poesia che sembrano ormai aliene alla nostra cultura. Per trovarne di nuove bisogna, forse, guardare di nuovo alle radici primitive, alla matrice ancestrale, qui simboleggiate dall’Africa e dall’antico popolo dei Tuareg. Sontuoso nella sua meravigliosa veste estetica (solita fotografia “da brividi” del grande Vittorio Storaro, musiche di Ryuichi Sakamoto e Richard Horowitz), abbacinante nell’ampiezza epica degli scenari, velenoso nella sottile malia oscura che lo pervade e sottilmente ambiguo nel contrasto tra la bellezza visiva e l’angoscia autodistruttiva della sua anima, è un emozionante affresco di naturalismo antropologico alla disperata ricerca di poesia. Le azioni, e le suggestioni, contano più dei personaggi, figure labili, fantasmi eterei, decadenti e morenti, spazzati via dal vento del deserto. Il manierismo snob dell’autore tocca qui uno dei suoi punti più alti, in un film incompreso, non privo di voli pindarici e di licenze romanzate, ma anche sottovalutato, bello di una bellezza ostile, sfuggente, pericolosa. Da recuperare. Nel cast segnaliamo John Malkovich, Debra Winger, Campbell Scott e lo scrittore del romanzo, Paul Bowles, che fa un cameo nel ruolo di se stesso.

Voto:
voto: 4/5

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