Negli anni ’40 due ricchi coniugi
americani, in profonda crisi interiore, partono per l’Africa insieme all’amico
George alla ricerca di un’esperienza forte che possa rivitalizzarli. Sbarcati a
Tangeri si inoltrano nel deserto algerino dove lui si ammala di tifo e muore.
La donna si unisce a una carovana di Tuareg, diventando l’amante del loro capo.
Affascinante dramma esistenziale tratto dall'omonimo romanzo di Paul Bowles,
che procede austero, tra angosce esistenziali e paesaggi mozzafiato, in un
percorso ieratico di dolore interiore che non è mai urlato ma, piuttosto,
sussurrato, pervaso più dalla malinconia che dal sentimento. E’ un’opera
profonda, intimista ed “appartata”, per quanto i suoi confini “limitanti” siano
quelli della vastità del deserto, splendido e terribile, che non basta a
contenere il vuoto intrinseco dei tormentati protagonisti. Più che una critica
alla borghesia inerte e viziata, è una dolente sinfonia in requiem sul tramonto
dei valori occidentali e sulla ricerca di un’umanità, di una sensibilità, di
una sessualità e di una poesia che sembrano ormai aliene alla nostra cultura.
Per trovarne di nuove bisogna, forse, guardare di nuovo alle radici primitive, alla
matrice ancestrale, qui simboleggiate dall’Africa e dall’antico popolo dei
Tuareg. Sontuoso nella sua meravigliosa veste estetica (solita fotografia “da
brividi” del grande Vittorio Storaro, musiche di Ryuichi Sakamoto e Richard
Horowitz), abbacinante nell’ampiezza epica degli scenari, velenoso nella
sottile malia oscura che lo pervade e sottilmente ambiguo nel contrasto tra la
bellezza visiva e l’angoscia autodistruttiva della sua anima, è un emozionante
affresco di naturalismo antropologico alla disperata ricerca di poesia. Le
azioni, e le suggestioni, contano più dei personaggi, figure labili, fantasmi
eterei, decadenti e morenti, spazzati via dal vento del deserto. Il manierismo
snob dell’autore tocca qui uno dei suoi punti più alti, in un film incompreso,
non privo di voli pindarici e di licenze romanzate, ma anche sottovalutato,
bello di una bellezza ostile, sfuggente, pericolosa. Da recuperare. Nel cast
segnaliamo John Malkovich, Debra Winger, Campbell Scott e lo scrittore del
romanzo, Paul Bowles, che fa un cameo nel ruolo di se stesso.
Voto:
Nessun commento:
Posta un commento