mercoledì 6 aprile 2016

Romanzo di una strage (Romanzo di una strage, 2012) di Marco Tullio Giordana

A Milano, alle 16.37 del 12 dicembre 1969, una bomba nascosta in una valigetta, collegata ad un congegno a tempo, viene fatta esplodere all’interno della Banca Nazionale dell’Agricoltura di piazza Fontana. I locali della filiale vengono devastati dall’esplosione e, alla fine, si conteranno 17 morti e 88 feriti, vittime innocenti immolate sull’altare della follia terroristica. Il commissario Luigi Calabresi segue la pista anarchica e pone in stato di fermo due figure di spicco di quegli ambienti: Giuseppe Pinelli e Pietro Valpreda. Il primo, ferroviere non violento, viene sottoposto a un durissimo interrogatorio durante il quale muore in circostanze misteriose, precipitando da una finestra della Questura milanese. Messo sotto accusa e abbandonato dai dirigenti, Calabresi prosegue la sua difficile indagine interessandosi alla matrice neofascista ma sarà ucciso nel 1972, in un agguato sotto la sua abitazione, dai militanti estremisti di “Lotta continua”. Marco Tullio Giordana prosegue il suo lucido percorso di denuncia civile con il suo cinema socialmente impegnato, portando sul grande schermo uno dei momenti più oscuri della storia italiana del ‘900: la strage di piazza Fontana, l’evento che per molti ha segnato l’inizio della strategia della tensione e dei sanguinosi “anni di piombo”, in cui il terrorismo eversivo, di destra o di sinistra, si è macchiato di crimini orrendi lasciando sul campo centinaia di caduti nell’arco di circa dodici anni. La ricostruzione storico ambientale messa in atto dal regista milanese è straordinaria, con l’efficace rievocazione visiva di quella Milano anni ‘70 in clima da guerra civile. La messa in scena è volutamente algida per garantire il dovuto distacco emotivo e gli eventi sono raccontati con minuzioso dettaglio, cercando di ridurre al minimo le licenze romanzate. Il film coinvolge e convince, muovendosi sul delicato equilibrio tra il rigore della cronaca e la retorica della finzione e le interpretazioni del cast (Valerio Mastandrea, Pierfrancesco Favino, Michela Cescon, Laura Chiatti, Fabrizio Gifuni) sono notevoli, con una menzione speciale per un intenso Favino nel ruolo dell’anarchico Pinelli. L’autore sembra quasi ispirarsi al celebre articolo “Io so” (scritto da Pasolini sulle colonne del Corriere della Sera) nel tratteggiare questo affresco cupo e sobrio, pudico e rigoroso, ricco di zone d’ombra e di momenti di forte impatto emotivo. Un film importante e maturo, da vedere anche solo come memoria storica. Obbligatorio per i più giovani che queste storie le hanno solo sentite raccontare.

Voto:
voto: 4/5

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