Il regista Niccolò, alla disperata ricerca
di una protagonista femminile per il suo nuovo film, incontra l’affascinante
Mavi, con cui intreccia una relazione appassionata. Pedinato e minacciato da un
misterioso anonimo che gli intima di troncare il rapporto, l’uomo cerca di
trovare una spiegazione fino a che Mavi sparisce nel nulla. Durante la ricerca
della ragazza, Niccolò conosce Ida, borghese solare e concreta, che, in attesa
di un figlio da un precedente compagno, rifiuta una fugace relazione con lui. Rassegnato
sul fatto di non riuscire a trovare una degna protagonista, Niccolò decide di
cambiare il soggetto del suo film, orientandosi sulla fantascienza. Questo
sereno dramma sentimentale, non privo di lucida ironia e di riflessioni
psicanalitiche, è una tortuosa istantanea del labirinto di stati d’animo del
suo autore, che, attraverso la messa in scena dei contrasti di coppia tra
l’inquieto Niccolò e le due donne incontrate nel suo percorso, ci parla
dell’impotenza (e della resa) di fronte alla ricerca della donna ideale.
L’atavica caccia del femminino eterno è, dunque, solo un sogno, un desiderio
impossibile, un vagheggio inafferrabile, essendo la donna una creatura
intrinsecamente debole, problematica, sfuggente, irrisolta. Più che dalla
consueta crisi esistenziale, pur presente ma più sfumata rispetto alle opere
precedenti dell’autore, le tensioni sentimentali sembrano nascere dalle
profonde differenze di classe, di sensibilità, di età e di formazione culturale
tra i personaggi. E’ un dolente film d’amore, più fisico e più concreto
rispetto agli standard del regista, che ha però i suoi momenti migliori nei
tocchi subliminali, nelle sottili nevrosi che strisciano sotto la pelle di una vicenda
che stinge nel giallo, nelle sequenze di forte matrice simbolica (la strada
sommersa dalla nebbia, la scala a chiocciola, la casa sospesa). Fedele alla
poetica alienata e indecifrabile del suo autore, Identificazione di una donna è un film che sembra accusare una
certa stanchezza ideologica, che si esplica nell’evidente incertezza narrativa
di fondo. L’apparente novità dell’uso più massiccio dei dialoghi, rispetto ai
lunghi enigmatici silenzi delle opere migliori, non convince appieno e produce
più di un dubbio sulla scelta dell’interprete principale: un Tomas Milian che
sembra poco a suo agio in un ruolo trattenuto. Completano il cast Daniela
Silverio e Christine Boisson, la cui fisicità generosamente esibita conferisce
alla pellicola un più deciso tocco erotico. E’ indubbiamente un’opera minore
nella filmografia di Antonioni, ma non priva di fascino ipnotico e di fervida
ambiguità nelle sequenze migliori.
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