giovedì 7 aprile 2016

Un maledetto imbroglio (Un maledetto imbroglio, 1959) di Pietro Germi

Il commissario Ingravallo della squadra mobile romana indaga su due casi che sembrano collegati: un furto e un omicidio avvenuti in appartamenti diversi del medesimo palazzo. Il furbo inquirente saprà risolvere il caso grazie al suo acume, sempre accompagnato da una profonda carica umana. Solido e libero adattamento, che denota la forte personalità dell’autore nella coraggiosa ricerca di una propria via personale, del romanzo “Quer pasticciaccio brutto de via Merulana” di Carlo Emilio Gadda. E’ un giallo straordinario, una delle vette del noir italiano, contaminato da una vena ironica spietata e dissacrante, che già anticipa la distorsione satirica con cui il regista dipingerà la borghesia italiana nei lavori successivi e contiene molte caratteristiche della grande Commedia all’italiana, ormai pronta ad esplodere. Tra queste citiamo: la corrosiva satira di costume, la spietata critica degli aspetti più deteriori di una società ancora in bilico tra arcaici retaggi del passato e una modernità tutta da metabolizzare e la connotazione feroce dei personaggi, resi emblemi dei vizi nazionali. L’ardita rilettura artistica operata da Germi rispetto al romanzo ispiratore consiste, essenzialmente, nella semplificazione stilistica (l’eliminazione degli intellettualismi filosofici e delle complessità linguistiche in favore di un affresco popolare molto realistico e verace), nel disegno del personaggio del commissario (qui reso in modo più umano: un detective, un po’ cinico e un po’ romantico, disgustato, come il regista, dal perbenismo borghese), nella messa in scena grottesca della Roma popolana e “burina” (verso cui l’autore evidenzia la scusante dell’ignoranza) e, soprattutto, nella scelta di fornire alla storia una conclusione certa e verosimile (rispetto all’ambiguo non-finale del libro di Gadda, che è più un delirio surreale che un autentico giallo). Eppure lo spirito alla base del testo letterario viene rispettato nel mantenimento della sua composita connotazione antropologica, che nel libro è espressa dal continuo intreccio di idiomi diversi (i vari dialetti del centro sud fino ad un italiano aulico e forbito), mentre nel film viene garantita dalla diversa umanità che viene passata in rassegna dallo sguardo acuto del poliziotto. Quasi tutti i variegati personaggi vengono caratterizzati con arguto spessore, rendendo ciascuno di essi un simbolo vivente di un vizio nazionale. La gestione del doppio registro (comico e poliziesco) è perfettamente equilibrata ed il film appare sempre saldamente nelle mani del regista, qui anche in veste di attore protagonista con un’intensa caratterizzazione del commissario Ingravallo. Gli altri membri del cast, tutti molto bravi, sono Franco Fabrizi, Claudio Gora, Eleonora Rossi Drago, Nino Castelnuovo e una giovanissima Claudia Cardinale. Da ricordare anche la canzone “Sinnò me moro”, scritta da Rustichelli e dallo stesso regista (e cantata da Alida Chelli), che riscosse un buon successo popolare.

Voto:
voto: 4/5

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