lunedì 11 aprile 2016

Edipo re (Edipo re, 1967) di Pier Paolo Pasolini

Laio e Giocasta, sovrani di Tebe, apprendono da una profezia che il loro figlio appena nato, Edipo, ucciderà il padre e sposerà la madre. Per evitare che ciò avvenga ordinano a una guardia di portare via il piccolo per ucciderlo ma questi, non trovandone il coraggio, lo abbandona al suo destino. Raccolto da un pastore, Edipo viene portato a Corinto dove viene allevato dal re della città che non può procreare. Una volta adulto decide di recarsi dall’oracolo per conoscere le sue origini e il suo futuro, ma lungo la strada incontra il suo vero padre Laio, ormai vecchio, accompagnato da alcune guardie. Tra i due scoppia una lite e il furente Edipo li uccide tutti, ignorando l’identità di quel vecchio che lo aveva offeso. Nel suo vagare giunge a Tebe, dove libera la città dalla Sfinge, un mostro infernale, e, come premio, sposa la regina Giocasta, rimasta vedova. Quando un giorno apprenderà la verità dall’indovino Tiresia, Edipo, folle di dolore, si acceca, mentre sua madre Giocasta si toglie la vita. Dopo aver lasciato Tebe egli diventa un povero cieco mendico che vaga di luogo in luogo suonando il flauto. Fedele adattamento pasoliniano della celebre tragedia di Sofocle, mirabilmente impreziosito da tocchi autobiografici (l’autore sovrappone l’amara vicenda di Edipo ad aspetti della sua vicenda personale), geniali invenzioni (il prologo e l’epilogo nel mondo moderno a fare da emblematico contenitore), splendide scenografie, immagini di plastico vigore ed una possente carica tragica in miracoloso equilibrio tra eleganza e barbarie. I temi centrali del film sono l’ineluttabilità del destino umano e la colpevolezza dell’innocenza, in una sorta di antitesi del concetto di peccato originale. Edipo è il simbolo universale dell’uomo (sia antico che moderno), che procede ignaro verso il proprio fato senza rendersi conto di andare incontro alla catastrofe. Con l’efficacia del suo stile scarno ed essenziale, l’autore rilegge, rispettandola, la grande tragedia classica, donandogli un innovativo accento sperimentale ed una carica primordiale che lascia atterriti per il suo intenso rigore. Straordinario l’utilizzo straniante delle musiche che accostano Mozart ai canti tribali del Marocco, in cui sono state girate tutte le sequenze in esterni. Nel notevole cast compaiono Franco Citti, Silvana Mangano, Alida Valli, Carmelo Bene, Julian Beck, Ninetto Davoli. La più brava è la Mangano, in un personaggio di dolente e sensuale ambiguità. E’ il migliore tra i film mitologici di Pasolini, che si ritaglia anche un piccolo ruolo come gran sacerdote.

Voto:
voto: 4,5/5

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