martedì 5 aprile 2016

Un sogno lungo un giorno (One from the Heart, 1982) di Francis Ford Coppola

Hank e Frannie sono una coppia annoiata in una fase di stanca del loro rapporto. Lui è uno sfasciacarrozze e lei fa l’impiegata di un’agenzia di viaggi. Durante la notte del 4 luglio, festa dell’indipendenza americana, trascorsa a Las Vegas, i due si concedono un momento di folle evasione. Così Hank vivrà una storia con una bella circense e Frannie con un cameriere che cerca di sfondare come cantante. Ma alle luci dell’alba i due rinsaviscono e decidono di tornare insieme. Musical sentimentale in forma di coloratissima fiaba onirica, tutta costruita sull’utilizzo sperimentale di nuove tecniche visive (basate sull’elettronica televisiva) e sulle atmosfere conturbanti che la rendono tanto bella quanto fragile, proprio come un sogno. Alla sua uscita fu un flop clamoroso, disprezzato da pubblico e critica che non ne colsero la bellezza surreale ed il coraggio innovativo. Il disastro commerciale causò il fallimento temporaneo della casa di produzione del regista, l’American Zoetrope. In questo film controverso, considerato da tutti minore nella filmografia coppoliana, il grande autore italoamericano dà fondo a tutto il suo estro visionario, sempre al confine con quel manierismo barocco, tipico della sua innata opulenza artistica. Egli realizza una sorta di idolatria dedicata al culto dell’immagine e mette in scena un potente omaggio al cinema classico ed al suo antico senso di spettacolo della visione, con suggestioni estetiche che oscillano tra il fantasy e la commedia musicale, con decise pennellate di romanticismo magico. L’approccio è quello totalmente istintivo di un bambino che disegna liberamente utilizzando una tavolozza di colori, con tutti gli ambienti scenici interamente ricostruiti in studio, dando vita ad una possente riflessione poetica sulla finzione del cinema, un’apologia della creazione artistica. Coppola maneggia il pennello visivo con entusiasmo trasognato e solletica le nostre recondite fantasie inconsce di evasione, abbandonandosi ad un erotismo frizzante e leggero. Le mirabolanti invenzioni stilistiche, le citazioni colte (la scena dell’incontro tra Hank e la sensuale Leila è un chiaro omaggio a Fellini), la magica ricreazione di Las Vegas in teatri di posa e l’intimo senso metaforico di favola sommessa sull’alienazione di coppia nella consumistica società americana, garantiscono al film una dignità artistica che solo in pochi gli hanno saputo riconoscere. Va comunque detto che lo squilibrio tra forma e contenuto, tra il rutilante apparato figurativo e la labile sostanza narrativa, è innegabile perché la debole sceneggiatura è quasi un mero pretesto per inscenare il fantastico mondo onirico immaginato dal regista. Nel cast citiamo Frederic Forrest, Teri Garr, Raul Julia e Nastassja Kinski. Vanno ancora segnalate la splendida fotografia “elettrica” del grande Vittorio Storaro e le belle le musiche di Tom Waits. Sottovalutato e maltrattato oltre misura con assurdo accanimento, è un’opera pregevole da riscoprire e da rivalutare per quello che è realmente: un magnifico sogno al neon, lungo due ore.

Voto:
voto: 4/5

Nessun commento:

Posta un commento