Quattro storie d’amore diverse collegate
da una quinta che funge da collante: quella di un regista che visita i luoghi
dell’azione (Ferrara, Portofino, Parigi, Aix-en-Provence) per sopralluoghi. Due
giovani s’incontrano, si piacciono, vanno a letto ma non consumano il rapporto
sessuale, per l’ambizione di prolungare il desiderio attraverso la rinuncia. Un
regista passa la notte con una ragazza che gli confessa di aver ucciso suo
padre in modo efferato. Una coppia in aperto conflitto si lascia andare al
reciproco tradimento. Una giovane che sta per prendere i voti viene corteggiata
con insistenza nella sua ultima notte da laica. Dopo tredici anni di assenza,
per motivi di salute, un Antonioni invecchiato e debilitato ritorna alla regia
con questo esile mosaico amoroso, patinato e disomogeneo, che riflette
sull’inevitabile incompiutezza di ogni relazione sentimentale. Diretto “a
quattro mani” con il tedesco Wim Wenders, da sempre grande estimatore del
maestro italiano, è un affresco troppo stanco e sbiadito che non rende
giustizia alla grandezza degli autori. I primi due episodi sono imbarazzanti,
gli ultimi due risollevano, in parte, il tono del film con impudente ironia (il
terzo) e sofferta intensità (il quarto). Nell’artificio del regista burattinaio
(interpretato da John Malkovich) si vede chiaramente la mano di Wenders che,
per sua stessa ammissione, si è fatto quasi sempre da parte per lasciare campo
libero al vecchio maestro ferrarese. Del grande cast internazionale fanno parte
Fanny Ardant, Chiara Caselli, Irène Jacob, Sophie Marceau, Jean Reno, Kim Rossi
Stuart, Inés Sastre, Peter Weller. Il vero momento magico del film è il cameo
di Marcello Mastroianni e Jeanne Moreau, per celebrare il capolavoro La
notte. Trattasi di opera minore, nostalgica e fuori tempo massimo.
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