mercoledì 27 aprile 2016

Un'altra donna (Another Woman, 1988) di Woody Allen

Marion è una scrittrice newyorkese di mezza età sposata con un medico. Un giorno scopre che attraverso una parete può origliare le sedute di uno studio psicanalitico nell’appartamento attiguo e, curiosa, inizia ad ascoltare. S’immedesima nelle confessioni della più giovane Hope e finisce per identificarsi con lei, entrando in crisi di coscienza e mettendo in discussione tutta la sua vita. Questo splendido dramma da camera, austero e rigoroso, è il film più bergmaniano di Allen, che si ispira anche esteticamente al grande Maestro svedese a cominciare dalla bella fotografia ocra, curata dal suo storico collaboratore Sven Nykvist. Passato inopinatamente in sordina alla sua uscita, poco amato dalla critica e incompreso dal pubblico, è in realtà uno dei più alti risultati raggiunti dal regista americano nella sua carriera, una solenne riflessione sull’esistenza come inevitabile compromesso tra l’io e il mondo esterno, densa di amaro disincanto ma anche di limpida serenità, che offre alla vicenda una luce di speranza. Pacato e risoluto, complesso e affascinante, denso e profondo, scava nella psiche dei personaggi e “costringe” lo spettatore a riflettere, a mettersi in gioco, mirando alla creazione del medesimo processo d’identificazione che avviene tra i personaggi di Marion e Hope (il cui nome ha un evidente valore metaforico). Dal punto di vista formale ci troviamo davanti a un capolavoro: scritto con incredibile finezza, solido nell’impianto narrativo (in bilico tra intelletto e istinto) e sontuoso nella confezione estetica di preziosa impaginazione. Il personaggio di Marion, interpretato con ammirevole intensità da Gena Rowlands, è una delle più riuscite figure femminili nella ricchissima galleria di donne alleniane ed è lei che incarna l’io narrante dell’autore in un film comunque pieno di elementi personali, a cominciare dalla coprotagonista Mia Farrow che durante le riprese era incinta del primo figlio biologico del regista. Questo film sussurrato e autunnale possiede delle atmosfere magiche e la semplicità pregnante delle grandi opere, e conferma l’assoluto talento di Allen nella rielaborazione artistica dei propri miti cinematografici e delle proprie ossessioni personali. La riflessione di Marion sulla natura dei ricordi è uno dei momenti memorabili dell’opera, che si apre ad una molteplicità di spunti e considerazioni che coinvolgono lo stesso spettatore in prima persona. L’altra donna invocata dal titolo è quella nostra parte interiore che spesso scegliamo d’ignorare, non a caso Allen per tutta la prima parte ce ne offre soltanto la voce, salvo poi svelarla oltre la metà del film. Ma il nome allegorico (Hope) non viene mai esplicitamente pronunciato ma compare soltanto nei titoli di coda. Completano il cast Ian Holm e Gene Hackman, che lascia il segno con un’apparizione tanto breve quanto intensa. Da recuperare assolutamente.

Voto:
voto: 4,5/5

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