Negli anni ’40 Preston Tucker, geniale
imprenditore del settore automobilistico, realizza un nuovo modello di
macchina, la Tucker
Torpedo, più veloce, più confortevole e meno ingombrante rispetto
ai canoni dell’epoca. Osteggiato dalle grandi major del settore, che ne temono l’estro inventivo e l’esuberanza
innovativa, viene ingiustamente accusato di aver copiato idee altrui.
Nonostante il riconoscimento finale di non colpevolezza, il lungo dibattimento
legale causerà la rovina economica di Tucker ed il fallimento della sua
impresa. Gli resteranno tanti rimpianti e cinquanta modelli della sua Torpedo,
che diverranno presto pezzi da collezione. Amara apologia sul Sogno americano,
ispirato a una storia vera, che analizza nel dettaglio il mito del self made man, ovvero quello che il
modello economico a stelle e strisce rappresenta nell’immaginario collettivo.
Sfavillante nella prima parte (il cui frenetico ottimismo contagioso sembra
guardare al cinema di Frank Capra) e disincanto nella seconda (in cui il sogno
si rivelerà soltanto un sogno), è una grande parabola sullo spirito
d’innovazione, sul genio creativo e su come questi debbano, purtroppo,
scontarsi con le ciniche logiche di un mondo corrotto, dominato da “squali”
avidi e reazionari. E’ evidente anche allo spettatore più distratto che Coppola
ci sta parlando anche di sé stesso. Le analogie tra lui e Tucker sono
chiarissime, così come lo scontro impari con le lobby della sua industria che
mandarono in rovina la sua casa di produzione American Zoetrope. In questa
biografia romanzata e autobiografica, non priva di corrosivi umori polemici
verso i grandi poteri economici e politici, tutto è luccicante e tutto è
grandioso: dalla splendida fotografia di Vittorio Storaro alle elegantissime
scenografie, dall’imponente ricostruzione delle ambientazioni d’epoca alle
musiche di Joe Jackson, dalla regia agile e matura alle interpretazioni del
cast stellare, in cui svetta l’istrione Jeff Bridges, ma anche gli altri sono
eccellenti, a cominciare da Dean Stockwell che quasi si mangia il film in un
breve cameo nei panni di Howard Hughes. A completare la squadra d’interpreti ci
sono Joan Allen, Martin Landau, Frederic Forrest e Christian Slater. Prodotto
dall’amico George Lucas, è uno dei migliori risultati del Maestro
italoamericano negli anni ’80. L’autore si conferma capace di essere ugualmente
grande sia nei progetti magniloquenti che in quelli indipendenti, dimostrando
un’invidiabile padronanza di tutta la materia cinema. Coppola alza il tiro e si
rivolge direttamente a quell’ottuso potere corporativo che frena, ostacola e
mortifica i talenti visionari come lui (e come Tucker), che sognano di poter
cambiare il mondo, con un film o con un’automobile.
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