Il subdolo avventuriero Tom Ripley, raffinato
trafficante di opere d’arte e losco manipolatore amorale, conduce una vita
lussuosa in una villa del Veneto insieme alla sua riservata amante. Per
accontentare un suo socio decide di plagiare l’onesto corniciaio Jonathan
Trevanny, malato terminale di leucemia, per convincerlo a commettere un
omicidio a pagamento. Sarà l’inizio di una spirale di violenza senza fine.
Ritorno al cinema della Cavani, dopo quasi dieci anni di assenza, con quello
che è anche, al momento, il suo ultimo opus
per il grande schermo. Tratto dal romanzo omonimo di Patricia Highsmith (uscito
in Italia col titolo “L’amico americano”),
che fu già adattato per il cinema da Wim Wenders nel 1977, ha per protagonista
lo sgradevole Tom Ripley, personaggio letterario creato dalla Highsmith,
presente in cinque suoi romanzi e portato sul grande schermo per la quarta
volta (dopo Clément, Wenders e Minghella). E’ indubbiamente un film minore
nella filmografia della regista emiliana, un lavoro su commissione fatto con il
pilota automatico, girato con estetica “televisiva” e del tutto privo dello
stile tipico dell’autrice. Si avvale di una buona prima parte in cui è
apprezzabile il tentativo di fornire una caratterizzazione originale del
personaggio di Ripley, molto distante dalle precedenti istanze viste al cinema.
E’ soprattutto grazie all’istrionica interpretazione del mimetico John
Malkovich, che conferisce al protagonista un diabolico carisma da esteta del
crimine, che il film si regge in piedi nella prima ora, per poi sfaldarsi
clamorosamente in una serie di situazioni assurde, alcune delle quali sfiorano
il ridicolo involontario. L’anima nera del film, ovvero l’ambiguo rapporto tra Ripley
e la sua vittima (il corniciaio), che avrebbe dovuto fornire lo spunto per una
riflessione sul fascino torbido del male, viene affrontato in maniera
superficiale, con lampi ironici che lasciano perplessi. La Cavani sembra aver perso il
suo tocco magico e, dopo questo film “stanco”, ha preferito dedicarsi alla
televisione.
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