Nella Francia occupata dai nazisti, un
collegio di frati carmelitani ospita ragazzi orfani o costretti a separarsi
dalla famiglia per colpa della guerra. L’undicenne Julien, dopo la diffidenza
iniziale e non poche difficoltà di inserimento, diventa amico del riservato, ma
brillante, Jean Bonnet che però nasconde un segreto: è un ragazzo ebreo,
nascosto sotto falso nome, per sfuggire alle persecuzioni naziste. Ma tutto
cambia, in peggio, quando lo sguattero Joseph, sorpreso a rubare oggetti da
vendere sul mercato nero, viene cacciato dall’istituto. In preda alla miseria,
alla rabbia e alla disperazione, questi diventa una spia dei tedeschi e, per
vendicarsi, denuncia la presenza di ebrei all’interno del collegio. La Gestapo porterà via il
direttore della scuola e tutti i piccoli ebrei che vi erano nascosti, compreso
Bonnet. Nessuno di loro riuscirà a sopravvivere ai campi di sterminio. Premiata
con il Leone d’Oro al Festival del Cinema di Venezia, questa struggente opera,
in parte autobiografica, perché ispirata ad esperienze infantili del regista,
è, probabilmente, il più conosciuto dei film di Malle e una delle sue indubbie
vette artistiche. Pudico e sensibile nel mettere in scena la vita dei ragazzi
ed i loro rapporti interpersonali, straordinario nella ricostruzione ambientale
e nell’estrema cura del dettaglio, ricchissimo e complesso nelle invenzioni
narrative per dar forma alla magia dell’adolescenza, solo parzialmente
contaminata dagli orrori del mondo dei grandi, straziante, ma senza cadute
patetiche, nell’epilogo, è un ritratto toccante di un’epoca barbara che sembra
appartenere ad un passato remoto, pur essendo dietro l’angolo. Il punto di
forza del film è nella divisione tra il mondo “dentro” la scuola e quello
“fuori”. Il primo è quello dei ragazzi che, pur avvertendo gli echi delle cose
orribili che accadono all’esterno, tendono a rimuovere il male grazie alla spensierata
forza adolescenziale, che, seppur problematica, ha ancora dalla sua la vigorosa
spinta dell’innocenza appena trascorsa. E poi c’è il mondo “fuori” dalle mura
del collegio, pervaso dalla crudele bestialità della guerra, di cui la shoah
costituì la suprema aberrazione, la vergogna assoluta, i cui gangli diabolici
riusciranno a penetrare nell’idillio amicale, corrompendone per sempre l’aura
armoniosa, grazie ad un elemento di disturbo. Elemento che è, però, interno e
non esterno, generato da quella problematicità già insita nel mondo
adolescenziale e raffigurata con sincero realismo dall’autore: commistione di
sentimenti contrastanti, di pulsioni vigorose, in cui bene e male, colpa e
innocenza, convivono in miracoloso equilibrio. La forza evocativa e l’intensa
tensione tragica di quest’opera emozionante, che sfiora la poesia nei momenti
più intensi, la rendono un’esperienza difficilmente dimenticabile, a cui giova,
ulteriormente, la profonda adesione emotiva del regista che ha così dato vita
al suo progetto più intimamente sentito, il film che, da sempre, avrebbe voluto
fare. Ebbe due candidature agli Oscar 1988: miglior film straniero e migliore
sceneggiatura originale, ma non vinse alcun premio. L’autore ne ha anche
scritto un romanzo omonimo, cinque anni dopo.
Voto:
Nessun commento:
Posta un commento