Amy e Nick sono una
coppia “perfetta”: belli, benestanti, dinamici, intelligenti e colti. Fanno una
bella vita, hanno un’invidiabile intesa coniugale, una bella casa ed un solido
lavoro. Appaiono, quindi, come l’incarnazione esteriore del Sogno americano. Ma
la crisi economica e l’improvvisa malattia della madre di lui li costringe a
trasferirsi da New York a una piccola cittadina di provincia del midwest, nello
stato del Missouri. Il drastico cambiamento farà emergere, lentamente ma
inesorabilmente, una serie di incomprensioni tra i due, intaccando
l’impeccabile facciata con delle crepe troppo a lungo ignorate e via via più
profonde. Il giorno del quinto anniversario di matrimonio Amy scompare in
circostanza misteriose e l’inevitabile indagine della polizia porterà alla luce
inquietanti indizi che fanno pensare ad un evento tragico, portando a stringere il cerchio dei sospetti
intorno al marito Nick. David Fincher conferma le sue qualità di narratore di
razza con questo noir geometrico che si apre, e si chiude, su un’immagine
sinuosamente avvolgente (la curva dei capelli di Amy), come a indicare la
portata simbolica di un’opera in cui nulla è come sembra ed il sottile confine
tra realtà e finzione assume toni ora inquietanti ora conturbanti, inducendo
una vertigine di hitchcockiana suggestione. Con una messa in scena classica,
che mette gli attori al servizio della storia, ed una regia asciutta, ma al
tempo stesso possente, Fincher spazia attraverso i generi, dal thriller, alla
commedia nera, alla critica sociale, toccando punte estreme di grottesco e di violenza esplicita, in
particolare in una scena cruciale che sarà difficile dimenticare. Ribaltando a
metà film il piano narrativo, quest’opera a due livelli spazia attraverso tanti
temi cruciali: il conformismo della middle class americana, la crisi economica
del secondo decennio degli anni 2000, il gioco al massacro dei media la cui
malsana invadenza ha ormai trasformato la cronaca nera in una sorta di gossip
perverso che alimenta il voyeurismo di massa con la “gogna” tecnologica delle
vittime di turno, l’eterno conflitto tra
essere ed apparire, fonte costante di malessere per la psiche umana. Ma il
cuore, nero, del film è principalmente rivolto al rapporto di coppia,
all’istituzione matrimoniale, cinicamente illustrato come emblema di un tacito
conformismo basato sul compromesso quotidiano e sull’inganno sottile,
intrinsecamente debole perché fondato su basi d’argilla: l’utopistica illusione
della durata “eterna” di un sentimento sì intenso ma fugace,
come tutte le umane manifestazioni, che
oggi viene sistematicamente confuso con l’edonismo sessuale e l’appagamento
materiale. La feroce analisi di Fincher fa crudelmente a pezzi l’idea stessa di
matrimonio, evidenziandone i lati oscuri, gli anelli deboli, le convenzioni
sottili, gli accomodamenti meschini, il gioco di ombre, le crudeltà quotidiane,
le subdole menzogne, e rendendo l’intero film una perfida metafora del suo
fallimento, tanto più tragico nell’essenza quanto più irreprensibile
nell’apparenza. E’ giusto, quindi, parlare di un autentico noir psicologico
sulla vita di coppia, mostrata attraverso un sottile gioco di specchi, insito
già nella struttura filmica, che mira allo straniamento dello spettatore,
scambiando i ruoli tra vittima e carnefice nella messa in scena dell’umano
“gioco” tra vizi e virtù. L’inverosimiglianza di alcune situazioni,
evidentemente troppo macchinose per risultare plausibili, nulla toglie alla
forza crudele di un’opera che è il trionfo dell’ambiguità, del disincanto e
della mendacità, come abilmente sottolineato dallo stesso stile narrativo dell’intera
prima parte, raccontata attraverso il diario di Amy. Nel cast spicca l’algida Rosamund
Pike, che qui dimostra di avere molte frecce nel suo arco e ci regala una
performance di alto profilo, sia dal punto di vista fisico che psicologico. Le
verità nascoste di un ménage di coppia possono
risultare letali quanto una lama che squarcia la gola, come intende dimostrare questo film
oscuro e agghiacciante, che inquieta e fa riflettere, donando una nuova
sinistra prospettiva al solenne “finchè morte non vi separi”.
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