Eddie Felson, detto “lo svelto”, è un
giovane ambizioso, straordinario giocatore di biliardo, ma dal carattere
difficile, arrogante e sbruffone. Un losco manager lo introduce nel pericoloso
ambiente del biliardo che conta, i tavoli dove giocano i veri fuoriclasse,
scommettendo fior di quattrini. Qui Eddie incontra il suo grande rivale, il
cinico “Minnesota Fats”, meno talentuoso ma caratterialmente più freddo e,
quindi, più affidabile nelle lunghe sfide di nervi. Tra alti e bassi, sconfitte
e vittorie, Eddie viene risucchiato da quel mondo di facili tentazioni, finendo
per trascurare la sua donna, Sarah, fragile e innamorata. Dovrà scegliere tra
l’amore e la partita della vita, la rivincita col solito “Minnesota”, e sarà
una scelta dolorosa. Eccezionale dramma psicologico, in bianco e nero, che
descrive, con avvincente intensità e crudele cinismo, quel mondo squallido,
“fumoso” e “maledetto” dei giocatori d’azzardo, disposti a vendersi anche l’anima
per il brivido del rischio, la vera causa della dipendenza, più del denaro
stesso. Se le scene sul tappeto verde sono straordinarie, con dialoghi
fulminanti e momenti di alto spessore drammatico, la parte sentimentale, per
quanto necessaria a tracciare il doloroso percorso di formazione di Eddie, è
più convenzionale, a tratti scialba. Più che un film sul biliardo, che,
ovviamente, fa da catalizzatore dell’azione, è un film sulla sconfitta, sulle
scelte di vita e sulla seconda occasione, che tanto piace agli americani. Nel
cast superlativo, Paul Newman, che qui inaugura la sua formidabile galleria di
antieroi ribelli, affascinanti ed antipatici, è bravissimo, in uno dei ruoli
più celebri della sua carriera, ma Jackie Gleason (“Minnesota”) addirittura lo supera,
mentre George C. Scott e Piper Laurie mantengono egregiamente il passo del
divo. Candidato a nove premi Oscar, ne vinse soltanto due tecnici (fotografia e
scenografia). Martin Scorsese ne ha diretto un sequel postumo, 25 anni dopo, Il colore dei soldi, sempre con Newman
protagonista nei panni di Eddy “lo svelto”; operazione un po’ stiracchiata e non
del tutto convincente, ma che ha fruttato al grande attore dell’Ohio un oscar
“riparatore”, il primo e unico della sua luminosa carriera.
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