Nick, ribelle anticonformista poco
avvezzo alle regole, detto “mano fredda” per il suo carattere glaciale, viene
condannato a due anni di lavori forzati perché socialmente eversivo. Perdente
assoluto nella vita, diventa un idolo per i compagni di prigionia, grazie al
suo carattere indomito e brillante, ed un incubo per i secondini, a causa delle
sue rocambolesche evasioni. Malgrado le crudeli punizioni, scappa per tre
volte, ma lo spietato boss Godfrey, capo delle guardie, non gli dà tregua.
Accattivante film carcerario che, a una messa in scena convenzionale ed un furbo
qualunquismo di maniera, affianca il carisma contagioso del suo protagonista,
un Paul Newman all’apice dello splendore, che ci regala un'altro straordinario
antieroe ribelle, uno dei più riusciti della sua grande carriera. Rosenberg,
onesto artigiano del cinema hollywoodiano, decide, saggiamente, di affidare il
peso del film alle robuste spalle del divo Newman, ma lo infarcisce di una
notevole brutalità visiva, in tutte le scene in cui sono coinvolte le guardie, e
di un accumulo di scene ad effetto, per esaltare la fisicità scattante e
l’esuberanza turbolenta del suo collaudato protagonista. Il limite maggiore
dell’opera è nel rigido schematismo che lo sostiene, probabilmente ispirato
dalle imminenti utopie liberali sessantottine, che contrappone l’allegro
cameratismo dei prigionieri alla severa rigidità dei carcerieri, con un taglio
netto e senza possibili sfumature. Per alcuni è un film di culto ma, più che convincere,
lusinga. Nel buon cast svetta Newman, ma
l’Academy lo snobbò ancora una volta, assegnando l’Oscar a George Kennedy come
non protagonista. La versione italiana subì una serie di tagli inspiegabili, ad
esempio l’intera celebre sequenza della sfida a chi mangia più uova fu
cancellata, forse per il “pericoloso” simbolismo cristologico finale: Nick,
dopo aver fatto indigestione di uova, si accascia sul tavolo, semi nudo e a
braccia aperte, come un novello Cristo. Se questa non è ruffianeria …
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