Il mafioso Jack Dawn ha tradito la sua
organizzazione criminale e sa di avere le ore contate per la terribile vendetta
del suo clan. Riuscirà a salvare dal massacro punitivo solo il suo figlio
minore, Phil, di sette anni, affidandolo alla vicina di casa, Gloria. La donna,
ex amante di un gangster della medesima banda, impara a sparare per difendere
strenuamente il bambino in sua custodia, a cui si è affezionato dopo il
difficile impatto iniziale. Dovrà fuggire e lottare con i denti per cercare di
salvare la sua vita e quella di Phil dai gangster. Con quest’opera atipica Cassavetes
si allontana dalla rigorosa purezza stilistica e dalla sperimentazione formale
delle sue pellicole migliori, quelle che lo hanno reso un idolo della critica
europea, affascinata da un autore americano finalmente non convenzionale e
lontano dalle logiche spettacolari di Hollywood. Gloria, opus numero 10
dell’autore, costituisce una singolare incursione nel cinema di genere, un
thriller urbano che vira nel gangster
movie, pervaso da suggestioni femministe con l’inossidabile Gena Rowlands
magnetica protagonista. Il risultato è un ibrido, invero non esaltante, tra la
pulizia tecnica del regista ed un tipo di cinema più “easy”, più ammiccante, più americano. Poco credibile nell’idea di
fondo, una donna in fuga con un bambino che riesce a sopravvivere in un inferno
urbano con schiere di killer professionisti che le danno la caccia, e molto
forzato nel finale politicamente corretto, ha i suoi punti di forza nel
personaggio di Gloria, un’antieroina che incarna alla perfezione l’ideale di
dark lady forte e tormentata, ma capace di sciogliersi nei dialoghi con il
piccolo Phil, che costituiscono i momenti più intimi del film. Meno
introspettivo del solito, più dinamico e più effettistico, questo nero di Cassavetes
convince a metà, sebbene alcuni lo ritengano un cult, per la feroce determinazione
della protagonista, ed un antesignano delle moderne pellicole costruite su
figure di donne “toste”. E’ molto probabile che questa pellicola di “evasione”
sia figlia delle numerose “frequentazioni” di Cassavetes nel cinema noir, in
qualità di attore. Non a caso tutti hanno sempre evidenziato come l’autore
newyorkese avesse la faccia giusta per interpretare quel tipo di cinema. Fu
premiato, non senza polemiche, con il Leone d’Oro al Festival di Venezia, a
pari merito con Atlantic City, USA di
Louis Malle. Ha avuto un barcollante remake omonimo nel 1999, diretto da Sidney
Lumet con Sharon Stone protagonista (più bella che brava).
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