Durante gli anni della
grande depressione americana la famiglia Joad, composta da umili contadini e caduta
nella miseria più nera, intraprende un lungo e disperato viaggio a bordo di un
vecchio camion, dall’Oklahoma verso la California, “terra promessa” dove si dice che ci
siano lavoro e campi fertili in abbondanza. Guidati dall’ardimentoso Tom (Henry
Fonda), appena uscito di prigione, attraverseranno un paese in ginocchio,
affamato, avvilito, in cui l’indigenza generale ha prodotto un esercito di
reietti, crudeli, violenti, disposti a tutto per sopravvivere. Sfruttati e
vilipesi, i Joad dovranno lottare duramente, ma quando Tom provoca accidentalmente
la morte di un agente, che aveva ucciso un suo amico, sarà costretto a
separarsi dalla famiglia, per non privarli dell’ultima di speranza di un futuro
migliore. Tratto dall'omonimo romanzo di John Steinbeck, è uno dei massimi
capolavori della storia del cinema ed il miglior film del leggendario John Ford,
che, paradossalmente, raggiunge l’apice assoluto della sua grande carriera con
un’opera non western. E’ uno straordinario affresco storico, che non solo
restituisce in pieno le atmosfere di cupa disperazione del libro ispiratore, ma
ricostruisce perfettamente, attraverso immagini magistrali nella loro rigorosa
essenzialità, lo spirito di un’epoca oscura della storia americana, quella
grande depressione che viene attraversata dai Joad in un viaggio non solo
fisico, ma, principalmente, morale. La straordinaria fotografia in bianco e
nero di Gregg Toland ha la potenza formale delle vecchie foto d’epoca, alle
quali si ispira con severo rispetto. L’assoluto realismo delle immagini, che
trasudano sporcizia e degrado, unito alla drammaticità di alcune scene
memorabili, rendono quest’opera un prezioso documento storico di valore
assoluto, al quale lo sguardo di ampio respiro epico, tipicamente fordiano,
conferisce la statura di un’imponente epopea degli oppressi, che vira nel mito
per la sua alta connotazione tragica.
Con uno stile asciutto e lucido, il grande regista cattura abilmente l’asperità
dei luoghi, il dolore dei volti lerci, sudati, segnati per sempre dalla miseria
e dalle umiliazioni, occhi spenti in cui si rispecchia, cinicamente, una delle
maggiori vergogne sociali della storia americana, fonte costante d’imbarazzo
per le classi politiche. Il viaggio, elemento tipico del cinema fordiano,
stavolta rappresenta un passaggio, epocale, dalla società contadina a quella
industriale, un passaggio che è però imposto da cause di forza maggiore,
dettato dall’istinto di sopravvivenza e non da una libera scelta. Come sempre
sono gli umili a pagare, e a subire, gli errori commessi dai poteri
istituzionali, vittime sacrificali ed anonime sul cruento altare
dell’ingiustizia sociale. La censura, troppo forte a quei tempi, impose al
regista di modificare alcune scene dell’epilogo, giudicate troppo crude e
violente, e la produzione lo spinse ad un finale meno negativo, in base alla
moda dell’epoca. Ma, anche così, la forza devastante della denuncia storica ci
viene restituita intatta dalle imponenti immagini dell’opera. Candidato a sette
Oscar ne vinse soltanto due: Ford alla regia e Jane Darwell attrice non protagonista,
ma anche Fonda lo avrebbe meritato. Questa superba opera capitale, che ebbe
anche un grande successo di pubblico, rappresenta la magnifica risposta
artistica dell’autore a coloro che lo accusavano di idee reazionarie.
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