Una stazione spaziale orbitante è stata
costruita per studiare il misterioso pianeta Solaris, ricoperto da una massa
gelatinosa, detta “oceano”, che sembra avere uno strano potere sulla mente
umana. Lo psicologo Kris Kelvin deve partire alla volta del pianeta perché
ai tre scienziati abitanti della stazione stanno accadendo strani fenomeni. Una
volta giunto qui scopre che Solaris ha il potere di materializzare i ricordi
sepolti nella memoria di coloro che si trovano nella sua sfera d’influenza,
rendendoli “reali”. Lo stesso Kelvin cadrà vittima della malia del pianeta,
ritrovandosi accanto l’amata moglie Hari, morta suicida anni prima. Capolavoro
fantascientifico di Tarkovskij, tratto dal romanzo omonimo di Stanislaw Lem,
che, alla sua uscita, venne propagandato come la risposta sovietica
all’americano 2001:
Odissea nello Spazio, in puro stile guerra fredda. Opera filosofica,
metafisica, ermetica, densa di suggestioni ipnotiche di oscura fascinazione,
procede lenta, ma inesorabile, nel suo incedere ammaliante ed inquietante, esattamente
come il potere del pianeta in essa descritto. Proprio come la vita pone molte
domande, alcune delle quali assolute, esistenziali, e, proprio come la vita,
non fornisce risposte. La sua altezza intellettuale è indubbia, così come il
suo fascino sinistro, di potente sospensione simbolica, che traccia un ardito
parallelo tra le profondità inconoscibili dello spazio profondo e quelle,
altrettanto enigmatiche, dell’inconscio umano. Il viaggio di Kelvin, e quello
dell’uomo, viene, quindi, inteso a due livelli: un viaggio fisico, verso il
pianeta, ed uno interiore, verso i suoi desideri e le sue paure più intime, di
cui quest’opera magistrale si fa metafora analitica. Chi ci ha visto
un’allegoria della solitudine umana nel suo doloroso percorso esistenziale,
forse ne ha ridotto la portata filosofica, ma, di certo, ne ha colto il cuore
pulsante. Interessantissima la disamina svolta dal regista sul valore delle
immagini nel processo cognitivo, sui limiti del razionalismo, sul relativismo
dei sensi: i “sogni” indotti dall’oceano di Solaris sono reali o avvengono
nella nostra mente ? o sono reali proprio perché avvengono nella nostra mente ?
E perché cercare di esplorare mondi lontani nello spazio profondo se non si
riesce nemmeno ad esplorare degnamente il proprio universo interiore ?
L’assenza di risposte, inevitabile, diventa ancora più solenne e definitiva
delle stesse domande. Solaris appartiene,
indubbiamente, a quella fantascienza “mentale”, alta, colta, che vanta pochissimi
rappresentanti di pari spessore tematico, valore artistico e densità
concettuale. In Italia arrivò, due anni dopo, nel ’74, con pesanti tagli che, per
intenti commerciali, eliminarono in toto i primi 40 minuti di pellicola,
giudicati “lenti” e “inutili” rispetto alla parte fantascientifica della storia.
Anche la scelta del doppiaggio, curato da Dacia Marini, fu discutibile, con
l’utilizzo di voci dialettali in stile contadino (il regista poeta Pier Paolo
Pasolini prestò la voce al padre di Kelvin, usando una forte accentazione
friulana), allo scopo di ridurre il gap intellettuale tra il film ed il
pubblico. Tarkovskij s’indignò enormemente e pretese che il suo nome fosse
cancellato dalle locandine italiane. Questa pessima versione ha circolato
impunemente nel nostro paese fino al 2002, quando è uscita l’edizione integrale
in dvd con le immagini restaurate e l’audio originale russo, sottotitolato in
italiano, per i 40 minuti del prologo che erano stati rimossi. La pellicola fu
premiata al Festival di Cannes del 1972 con il Gran Premio Speciale della
Giuria ed ha avuto un esile remake hollywoodiano nel 2004, diretto da Steven
Soderbergh, con George Clooney protagonista.
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