Travagliata produzione
cinematografica del film “Je vous présente Pamela” (“Vi presento Pamela”),
girato a Nizza, tra incertezze, ritardi e persino la morte di un attore
protagonista, che costringe a riscrivere gran parte della sceneggiatura. Le
vicende del film s’intrecciano con quelle della vita reale degli attori, il cui
rapporto viene cementato dalle difficoltà di lavorazione, al punto di far
nascere sentimenti veri. L’ultimo ciak sarà accolto con profonda nostalgia per
la fine di un’esperienza collettiva formativa e indimenticabile. Da un grande
cinefilo innamorato del cinema come Truffaut, arriva una delle più grandi
dichiarazioni d’amore per la settima arte, che massimizza l’utilizzo del
metacinema per omaggiarne tutti gli aspetti principali e le fasi del processo
realizzativo. Questo celebre capolavoro degli anni ’70, divenuto rapidamente di
culto per i cinefili, non è solo un formidabile trattato di tecnica
cinematografica ma, soprattutto, un accorato omaggio al cinema, ai suoi
personaggi, agli attori, al regista, che qui viene, ovviamente, interpretato
dallo stesso Truffaut. Mescolando abilmente le fasi della “vita” degli attori
con quelle da loro recitate nel film dentro il film, l’autore traccia un
imponente saggio sul processo creativo, accordando stile e cuore per mostrare
uno spaccato di un set dal di dentro, evidenziando come, dietro la magia della
finzione scenica, se ne può nascondere un’altra, “reale”, che nasce
dall’umanità degli attori, dalle emozioni private che divengono sinergia di
intenti e producono arte, oltre che vita. Splendida la messa in scena corale
per quest’opera elegante e delicata, che rifugge l’enfasi e
l’autocompiacimento, abbracciando, piuttosto, un citazionismo colto ricco di
suggestioni, che rende omaggio a tantissimi Maestri del cinema mondiale:
Welles, Rossellini, Bergman, Buñuel, Godard, Fellini, Bresson, Hitchcock,
Dreyer e molti altri. Ammirevole la capacità dell’autore di tenere insieme
questo collage di ispirazioni per ottenere una sorta di “sinfonia” complessa
che intende offrire, nel sottotesto, un disincantato sguardo sulle relazioni
umane, al confine sottile tra realtà e finzione. Non a caso l’effetto notte del
titolo è una tecnica che consente di girare scene notturne in pieno giorno,
ponendo un filtro blu davanti alla macchina da presa. Il rapporto
realtà/finzione è mirabilmente evidenziato nella scena in cui le battute del
personaggio di Pamela, scialbe, vengono sostituite dalle parole reali di Julie,
l’attrice che la interpreta: “I film sono
più armoniosi della vita. Nei film non ci sono intasamenti, né vuoti, né tempi
morti. I film avanzano come treni nella notte.” Proprio come accade a questa
superba opera di Truffaut, che fu premiata con l’Oscar al miglior film straniero.
Voto:
Nessun commento:
Posta un commento