domenica 4 gennaio 2015

I cancelli del cielo (Heaven's Gate, 1980) di Michael Cimino

Wyoming, 1890: nella contea di Johnson scoppia una feroce guerra tra i potenti allevatori di bestiame ed i poveri immigrati dall'Est europeo, stanchi dei soprusi subiti. Due amici e compagni di studi, James Averill e Billy Irvine, laureati insieme ad Harward vent’anni prima, si ritrovano sui fronti opposti della disputa: Averill diventa sceriffo della contea e si schiera a tutela degli immigrati, Irvine sarà invece l’avvocato della più influente fazione di allevatori. Capolavoro “maledetto” di Cimino, passato alla storia per le incredibili traversie produttive, le stroncature faziose ed una clamorosa serie di ingiustizie subite, culminate in slogan fasulli che da sempre accompagnano il film, oscurandone il valore. "Il film che ha fatto fallire la United Artists", "il più grande flop della storia del cinema moderno", solo per citarne i più eclatanti. Dopo il grande successo del provocatorio Il cacciatore, Michael Cimino si dedica al suo progetto più ambizioso: un western epico ispirato ad un fatto realmente accaduto nella contea di Johnson, per raccontare le radici del Sogno Americano e rileggere la nascita di una nazione sotto una nuova ottica più critica e disincantata, lontana dalle agiografie edificanti intrise di retorica propagandistica, ma volta a dimostrare le profonde ingiustizie e le violente discriminazioni sociali subite dagli immigrati nel nuovo mondo ad opera di un sistema delinquenziale dedito alla prevaricazione e all’omicidio per difendere il proprio “diritto” di primo arrivato nella terra delle opportunità. L’intento del regista, in cui molti videro una “pericolosa” matrice iconoclasta volta a scardinare le fondamenta culturali dell’American Dream e della conseguente mitologia di paese libero in cui vengono concesse a tutti pari opportunità, spaventò le major di Hollywood che fecero di tutto, riuscendoci, per boicottare il film, minandone la reputazione artistica e la credibilità storica. E’ ormai di dominio pubblico che alcuni politici di spicco dell’amministrazione Reagan espressero il loro disappunto alla United Artists, dicendo che sarebbe stato “sconveniente” fare altri film che raccontassero la storia americana in modo così negativo. La prima versione dell’opera, che ebbe altissimi costi produttivi a causa della lunga durata delle riprese che dilatò il budget di circa 6 volte le previsioni, era di ben 325 minuti (oltre 5 ore) ma, dopo il veto dei produttori, fu ridotta a 219’ (3 ore e 39 minuti) ed uscì così nelle sale, ma fu un disastro (programmato) di critica e pubblico. Ritirato dai cinema fu ulteriormente ridotta a 149’ (2 ore e 29 minuti), mandando il regista su tutte le furie, ma anche così il film non convinse. Presentato a Cannes nel 1981, nella pessima versione “monca”, fu bollato in modo definitivo come fiasco assoluto. Dopo l’inevitabile rivalutazione critica favorita dal tempo, per la naturale attenuazione dei livori politici che ne decretarono il fallimento, nel 2000 è stato rieditato in DVD nella versione “director’s cut” di 219 minuti, mentre in Italia ha continuato a circolare la versione monca di 149’ fino al restauro digitale definitivo del 2012, presentato trionfalmente al Festival di Venezia, che rende onore e giustizia all’originale. Coraggioso e titanico, epico e lirico, violento e scomodo, si avvale di un cast superbo (Kris Kristofferson, Christopher Walken, John Hurt, Brad Dourif, Isabelle Huppert, Jeff Bridges), di una regia mirabile, di una fotografia preziosa e consegna alla memoria collettiva alcune scene magistrali (come la lunga e forsennata battaglia finale), di ampio respiro storico e di potente intensità tragica, tra le più belle mai viste nel cinema western. Dei tanti slogan negativi strumentali che hanno accompagnato la controversa storia di questo capolavoro recuperato, l’unico più vicino al vero è quello che definisce il film come ultimo esempio di libertà creativa da parte degli autori rispetto alla “tirannia” delle major e alla logica del profitto. Da questo punto in poi il controllo produttivo sarà asfissiante ed i registi avranno vita dura in confronto alla “new wave” del cinema americano degli anni ’70. Ma un “cadavere” eccellente è rimasto sul campo: la carriera del grande e promettente Michael Cimino ne è uscita praticamente distrutta. Chi l’ha più visto da allora ?

Voto:
voto: 5/5

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