Dopo lo sbarco di Garibaldi in Sicilia
nel 1860, il principe Fabrizio Salina assiste, preoccupato, ai cambiamenti
storici imminenti che porteranno alla fine di un’epoca: la sconfitta dei
Borboni, l’unificazione d’Italia, il tramonto della sua casta di aristocratici
feudatari e l’avvento di un nuovo potere politico di stampo borghese.
Abbracciando il vecchio motto “affinché
niente cambi, bisogna che tutto cambi”, Salina cerca di salvare il
salvabile, aspettando l’entrata dei garibaldini a Palermo e puntando sul
giovane nipote Tancredi Falconeri, facendolo sposare con la bellissima figlia
di un sindaco rampante, ricco e ignorante, simbolo vivente del nuovo che avanza
inesorabile. Durante un ballo epocale vengono ufficializzate le nozze di
Tancredi, segnando così il passaggio storico dal latifondismo nobiliare alla
borghesia mercantile e l’ingresso in una nuova età storica. Dal celebre romanzo
omonimo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa, Visconti ha tratto un adattamento
colossale, imponente, prezioso, di rigorosa ricostruzione storico ambientale e
di finissima introspezione psicologica dei personaggi, da cui si evince
un’analisi critica, lucida e minuziosa, degli eventi che portarono all’unità
nazionale e alla fine del regno dei “gattopardi” (i nobili proprietari terrieri
siciliani). Come sempre in Visconti, ma in questo film in particolar modo, la
cura maniacale dei dettagli, degli arredi, dei decori e degli orpelli diventa
esuberanza espressiva, bellezza formale, ricchezza visiva, che, nel suo
tripudio stilistico, si pone in contrasto con la nostalgia del tempo perduto,
il malinconico tramonto di un’epoca, lo struggimento romantico e il
decadentismo della morte, intesa non solo in senso personale ma storico, ovvero,
letteralmente, fine di un mondo. La messa in scena del maestro milanese è
solenne, realistica, sontuosa, e diventa una fulgida cornice per un affresco
incredibilmente dettagliato dal punto di vista storico, sociale, politico,
antropologico. La trasposizione viscontiana è sì malinconica ma precisa,
puntigliosa, straordinaria nel presentarci le motivazioni delle varie parti in
gioco, opponendo gli ideali reazionari a quelli riformisti o, addirittura,
rivoluzionari in un unico superbo crogiolo narrativo. La sua azione sopraffina
è quella di un meticoloso restauratore, che riporta in vita il passato
restituendogli il senso di meraviglia, l’alone nostalgico, la vitalità
politica, gli umori appassionati, i fermenti ideologici. La meravigliosa
sequenza del ballo, girata nello storico Palazzo Gangi di Palermo, è entrata di
diritto nella storia del cinema per la sua ricercata opulenza visiva. Nel cast
imponente citiamo Burt Lancaster, Alain Delon, Claudia Cardinale, Paolo Stoppa,
Terence Hill, Romolo Valli, Giuliano Gemma e persino un giovane Maurizio Merli,
futuro commissario “di ferro” del “poliziottesco” italiano. Fu una delle
produzioni più costose della storia del cinema italiano, ebbe un grande
successo di pubblico e critica e vinse la Palma d’Oro al Festival di Cannes del 1963.
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