Nella giungla birmana, durante la seconda
guerra mondiale, il comandante di un campo di prigionia giapponese impone ai
soldati inglesi di costruire un ponte ferroviario sul fiume Kwai, fondamentale
per i trasporti della zona. Il tenente colonnello Nicholson dapprima si
rifiuta, appellandosi alla convenzione di Ginevra secondo cui gli ufficiali
prigionieri non sono obbligati a lavorare, ma poi, vista l’incapacità
giapponese di eseguire l’ambiziosa opera ingegneristica, decide di accettare,
spinto da fanatismo patriottico, per dimostrare la superiorità britannica sul
nemico asiatico. Grandioso kolossal bellico di David Lean tratto dal romanzo
omonimo di Pierre Boulle, pluripremiato, pluricelebrato, è uno dei film di
guerra più famosi della storia del cinema. Il grande regista inglese si
conferma un maestro nel coniugare spettacolo e qualità, azione e psicologia,
dirigendo un grande cast, innumerevoli comparse, con scenografie sontuose e
scenari mozzafiato, per una ricchezza di mezzi che era una caratteristica delle
grandi produzioni storiche del periodo. Pur indulgendo nella retorica
propagandistica dei prodotti di questo tipo, il film non disdegna un’acuta
analisi critica delle radici del militarismo, dell’assurdità delle logiche
belliche e dell’idealismo assolutista che, inevitabilmente, conduce al
disastro. Fondamentale, in tal senso, il personaggio di Shears, soldato
americano che si spaccia per ufficiale e che contrappone la sua pragmatica
umanità, non priva di lati oscuri, al fanatismo aristocratico del colonnello Nicholson,
che, celando la sua vanità dietro lo spirito di corpo, si lancia nella folle
sfida ingegneristica, che costerà molte vite, per un insano “patriottismo”.
Nello scontro, filosofico e morale, tra i due, risiede la parte più
introspettiva e profonda del film, ciò che lo rende qualcosa di più di un
rutilante kolossal bellico all’insegna di una spettacolare demagogia
patriottica. Il ponte, assoluto protagonista della pellicola, è il vano
monumento alla superbia umana, la cui fine è segnata a priori. Memorabile la
colonna sonora di Malcolm Arnold, in particolare la celebre marcetta
fischiettata dai soldati prigionieri, rimasta nell’immaginario popolare. Il
ponte che si vede nel film fu costruito per davvero, per garantire la massima
resa realistica, sull’isola di Ceylon, meraviglioso set naturale in esterni.
Vinse sette premi Oscar: film, regia, sceneggiatura, Alec Guinness
straordinario protagonista, fotografia, montaggio, colonna sonora. La sua fama
è meritata e, oggi come allora, garantisce un grandioso intrattenimento,
corroborato da spunti di riflessione sulla natura umana che restano universali.
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