Il timido paleontologo David Huxley (Cary
Grant) è in un momento cruciale della sua vita: sta, infatti, per sposare la
sua segretaria e per completare un gigantesco scheletro di brontosauro, al
quale manca solo un ultimo ambito osso. Ma la sua esistenza verrà stravolta
dall’incontro con l’ereditiera Susan
Vance (Katharine Hepburn), donna affascinante e capricciosa, che lo coinvolgerà
in una serie di assurde avventure, tra equivoci imbarazzanti e situazioni
bizzarre, e mai più nulla sarà come prima. E’ uno dei massimi risultati della “screwball comedy” hollywoodiana, diretto
da Hawks con ritmo incessante, messa in scena elegante, situazioni
irresistibili, dialoghi scoppiettanti e gag visive di mirabolante carica
comica. Costruito su una sceneggiatura follemente irriverente e sul carisma dei
due divi protagonisti, di cui il fascino magnetico della Hepburn buca
letteralmente lo schermo, è divenuto, nel tempo, un classico della seduzione
sofisticata, grazie al suo passo agile, frizzante e leggiadro. L’evidente
illogicità di molte situazioni e l’antirealismo dei colpi di scena è funzionale
all’atmosfera da “scheggia impazzita” tipica del genere, in cui gli elementi “slapstick” sono bilanciati dall’ironica
raffinatezza dei dialoghi che, costruiti sul consueto tormentone, la “guerra”
tra i sessi, esprimono, nel sottotesto, una conturbante carica erotica, il
desiderio represso dei protagonisti/antagonisti che, al solito, troverà
l’immancabile tripudio nell’atteso lieto fine. Il fascino eccentrico del
personaggio della Hepburn, costantemente sul filo di una “follia” seducente e
disinvolta, ha fatto scuola per le istanze successive del genere. Alla sua
uscita fu un clamoroso fiasco, ma il tempo gli ha restituito lo status,
meritatissimo, di grande classico e capolavoro del genere comedy. E’ stato il primo film in cui compare la parola “gay”
riferita all’omosessualità, in una battuta pronunciata da Cary Grant, anche se
il doppiaggio italiano optò per tradurre il termine con un più morigerato
“pazzo”.
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