Un soldato britannico di
colore viene rapito da un commando di terroristi dell’IRA. Tenuto prigioniero
in una remota località boscosa diventa amico del suo carceriere, Fergus, a cui
racconta della sua amata donna, Dil, parrucchiera a Londra, raccomandandosi con lui
di contattarla dopo la sua morte. In seguito alla tragica e accidentale fine del
soldato, Fergus si reca a Londra per cercare Dil, da cui viene presto sedotto.
Ma la sorpresa è dietro l’angolo. Eccellente dramma dai toni autunnali, scritto
benissimo, diretto con sobrio rigore ed egregiamente recitato da un cast (Stephen
Rea, Forest Whitaker, Jaye Davidson, Miranda Richardson ) variegato e sorprendente
per resa emotiva e gioco di “squadra”. Senza svelare troppo sulla trama, perché
sarebbe un “delitto”, si può dire che è un’opera intensa e coinvolgente a due
livelli di lettura, che si muove, in entrambi, sul filo sottile della
separazione tra convinzioni opposte, sia politiche che sessuali. L’ombra
sinistra del colonialismo inglese, che aleggia su tutto il film, è in antitesi
stridente con le azioni del protagonista, che abbatte dogmi e tabù in nome di
un veemente umanesimo, carnale ed ideologico, che mette sempre il cuore davanti
alla ragione. E da questo contrasto, che celebra l’ambiguo come fertile
espressione dello spirito umano che rifiuta compromessi e preconcetti in nome
di una libertà individuale da difendere coi denti, prende forma concreta la
tematica più intima dell’opera, che ne rappresenta il valore aggiunto ed il
motivo di maggiore fascinazione. Il titolo originale, tratto dall’omonimo brano
di Boy George che spicca nella colonna sonora del film, è molto più calzante di
quello italiano. Ebbe sei candidature pesanti agli Oscar del 1993 ma vinse
“solo” il premio per la migliore sceneggiatura originale, firmata dallo stesso
regista. Se ne consiglia la visione in lingua originale.
Voto:
Nessun commento:
Posta un commento