L’investigatore privato Philip Marlowe
viene chiamato a indagare sul ricatto subito da Carmen, figlia minore del ricco
generale Sternwood. Finirà coinvolto in un pericoloso gioco di seduzione,
complotti e omicidi in cui sono coinvolti Carmen e sua sorella Vivian.
All’origine di tutto c’è il racket delle bische clandestine, guidato dal losco Eddie
Mars, la cui ricerca condurrà Marlowe a scoprire un’amara verità. Storico noir
di Hawks, tratto dall’omonimo racconto di Raymond Chandler che è una delle
vette letterarie del poliziesco nero americano. Il grande regista, con uno
stile asciutto e “invisibile”, che asseconda in pieno le suggestioni tipiche
del genere ereditate del testo chandleriano, ci regala un film complesso,
labirintico nella struttura, a causa dell’intrecciarsi in parallelo di diverse
linee narrative, il cui fascino torbido è garantito dalle splendide atmosfere
in chiaro scuro e da una coppia di attori straordinari: Humphrey Bogart e
Lauren Bacall. In particolare questa di Bogart è una delle migliori
caratterizzazioni cinematografiche per il personaggio di Marlowe, che qui ci
appare come un antieroe tormentato, cinico, malinconico, ma estremamente
risoluto nel condurre la sua indagine in un sordido sottobosco di connivenze e
corruzioni. La famosa scena iniziale delle ombre proiettate dei due
protagonisti, mentre si accendono una sigaretta, coglie in pieno il senso
profondo delle atmosfere di Chandler ed è una delle icone più rappresentative
del noir classico. Hawks utilizza, con sapiente efficacia, la tecnica di
mettere lo spettatore sempre un passo avanti rispetto ai protagonisti,
facendogli scoprire in anticipo ciò che loro ancora non sanno. Questo
espediente narrativo, che sarà poi ampiamente utilizzato da Alfred Hitchcock
nei suoi thriller, riesce a creare un formidabile patos nel pubblico, che,
dalla sua posizione privilegiata, teme per il destino dei personaggi. La
critica maggiore da sempre mossa a questo potente noir d’atmosfera è la sua ermeticità,
dovuta al groviglio di sottotrame che non facilitano una rapida comprensione
delle vicende nei canonici termini causa-effetto. Le conclusioni a cui arriva
Marlowe, nel ricomporre il complesso puzzle di elementi criminosi, non sono
certe, né definitive, ma ambigue, sfuggenti, proprio come le emblematiche ombre
iniziali dei due protagonisti. Tutto questo deriva dal senso intimo dell’opera
che risiede nel caos, nell’incapacità umana di codificare il male, spiegare la
colpa, comprenderne gli esiti, perché in questo cupo universo criminale,
immaginato da Chandler e raffigurato da Hawks, il lezzo fetido del malaffare è
parte integrante dei personaggi, che diventano la malinconica metafora di una
civiltà al crepuscolo. Il fumo, quello delle tante sigarette che vola
nell’aria, altro simbolo pregnante delle storie chandleriane, diviene qui il
segno tangibile della verità che sfugge, sinuosamente ma inesorabilmente, inafferrabile
e beffarda. In questo importante noir classico, che ha molti ammiratori ma
anche molti detrattori, è il caso di dire che la cornice vale più del quadro. Il
grande sonno del titolo, come apprendiamo dalle ultime pagine del romanzo di Chandler, è un’allegoria della morte.
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