Nanà lavora come commessa in un negozio
di dischi a Parigi, ma guadagna troppo poco e non riesce a pagare l’affitto.
Inizia a fare, occasionalmente, la prostituta, ma viene ben presto assorbita da
quel tipo di vita e finisce sul marciapiede a tempo pieno. Dopo un po’ di tempo
vorrebbe uscirne e tornare ad un’esistenza normale, ma il suo protettore non è
d’accordo, anzi intende “venderla” ad un nuovo sfruttatore. Ispirandosi
all’inchiesta giornalistica “Où en est…
la prostitution?” di Marcel Sacotte, Godard ha realizzato un rigoroso
documento di denuncia, di incredibile realismo e di fervido impegno sociale,
sul mondo della prostituzione, sfrondandolo di ogni sorta di fascinazione
“romantica” e di ogni morbosità pruriginosa, ma esibendolo, semplicemente, nudo
e crudo, filtrato attraverso il suo sguardo originale. Il film è diviso in 12
segmenti tra loro slegati e annunciati da una didascalia, alla maniera del
cinema muto, ispirandosi, in parte, alla struttura di Francesco, giullare di Dio (1950) di Rossellini. Questo film è uno
degli indubbi capolavori del primo periodo dell’autore, assolutamente pregevole
per la capacità di conciliare il senso di rottura del suo linguaggio
d’avanguardia con l’analisi critica della società contemporanea, rifratta
attraverso il suo inquieto scandaglio dell’immediato, per catturare il divenire
della vita in un quanto “definitivo”. L’opera, altamente sperimentale nella
struttura e nello stile, con suono in presa diretta, brani letterari letti
dagli attori, un registro narrativo diverso in ciascun segmento ed un uso
massivo dei piani sequenza, è densa di citazioni colte, da Edgar Allan Poe a Bertolt
Brecht, da Dreyer a Rossellini. La prostituzione viene presentata come una
metafora del teorema euristico del consumismo: domanda, offerta, vendita,
consumo, in un gioco di scatole cinesi. La messa in scena straniante e prosciugata
dell’autore parigino rendono quest’opera una sorta di asettico trattato, di
valenza sociopolitica, sul commercio sessuale, privo di ogni forma di
sensualità e di compiacimento voyeuristico: la prostituzione è, innanzi tutto,
intellettuale, il resto sono solamente dettagli morbosi. Come sempre nel primo
Godard, egli non entra mai dentro le storie che racconta, ma le utilizza per
definire se stesso, ed il suo pensiero, in uno stile personale e fortemente
riconoscibile. Memorabile, in tal senso, l’episodio in cui Nanà va al cinema
per vedere La
passione di Giovanna d’Arco di Dreyer, grande Maestro del cinema
nordico divenuto un simbolo della purezza dell’immagine, dell’essenzialità
narrativa e della rinuncia alla decorazione strumentale. La sovrapposizione dei
volti di Nanà e di Giovanna, messa in atto da Godard, mentre la protagonista si
rispecchia nel dramma della “pulzella d'Orléans” per evidenti affinità emotive,
è un po’ la summa della sua estetica: arte e vita in un gioco di specchi,
realtà e finzione nel medesimo piano visivo. I 12 segmenti che costituiscono il
film vennero definiti “quadri” dallo stesso regista, ovvero 12 pezzi della vita
di Nanà, 12 istantanee diverse per definire un personaggio, un percorso
individuale, oppure, se li si intende come 12 riflessi di uno specchio in
frantumi, per arrivare a concludere che Nanà non può essere definita, che la
sua reale identità è sfuggente, è altrove. Le tante inquadrature fatte di
spalle, o in posizioni strane, alla protagonista, farebbero propendere per
quest’ultima interpretazione, come se l’ultima trasgressione dell’autore alle
convenzionali regole della grammatica cinematografica sia quella di negarne
l’esistenza, ammettendo che non esistono regole. Come chiosa sopraffina di questo
discorso complesso sulla mercificazione del corpo, visto alla stregua di un
oggetto dotato di un valore, e, quindi, vendibile, Godard regala alla “sua”
attrice un atto d’amore, con la lettura, nell’ultimo “quadro”, de “Il ritratto ovale” di Poe, eseguita
dalla sua stessa voce. Eccellente l’interpretazione di Anna Karina, all’epoca
moglie del regista, nel ruolo della protagonista Nanà, non priva di reali
tormenti interiori e difficoltà extra cinematografiche, che hanno, probabilmente,
giovato alla riuscita finale del personaggio. Il film vinse il premio speciale
della giuria al Festival del Cinema di Venezia.
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