Dal romanzo omonimo di James Ellroy, ispirato alla vera storia del misterioso omicidio irrisolto di Elizabeth Short avvenuto nel 1947. Nella Los Angeles del dopoguerra Lee Blanchard e Bucky Bleichert sono due poliziotti ed ex pugili, colleghi e rivali prima sul ring e poi nella vita. I due amano la stessa donna, la bionda Kay, e sono ossessionati da un tragico fatto di cronaca nera: l'omicidio di una prostituta, detta "Dalia Nera", che ha sconvolto l'opinione pubblica per le orribili mutilazioni inferte al cadavere. La ricerca dell'assassino li condurrà su un percorso oscuro e senza ritorno, esplorando il cuore nero di Hollywood. C'era molta attesa per questa incursione di un regista esteta come Brian De Palma con il noir classico, adattamento di un libro straordinario (divenuto di culto nel noir letterario moderno) che prende spunto da una storia sordida realmente accaduta, con un delitto efferato mai risolto che sconvolse l'America per la sua crudezza e che negli anni ha influenzato svariati registi, scrittori e musicisti. Presentato in pompa magna come opera d'apertura del 63-esimo Festival di Venezia, questo poliziesco nero di alto spessore figurativo intende essere il cupo affresco metaforico di un'epoca e di una metropoli densa di contraddizioni come la "città degli angeli". Ma, al di là di una messa in scena di evocativa accuratezza e di una affascinante eleganza formale, tutto resta nell'alveo delle buone intenzioni, purtroppo inespresse. Più che un film brutto, è un film sbagliato: con evidenti problemi di scrittura e con un cast non all'altezza del compito. La sceneggiatura di Josh Friedman è frammentaria, superficiale, ingarbugliata e caotica nella sua operazione di compressione delle pagine di Ellroy, ridotte ad uno script scialbo, privo di identità e totalmente incerto sulla direzione narrativa da imprimere alla storia. Nella squadra di attori, che vede nomi come Aaron Eckhart, Josh Hartnett, Scarlett Johansson, Hilary Swank e Mia Kirshner, la più convincente è la Kirshner nel ruolo della "Dalia Nera", mentre gli altri appaiono poco convinti e fuori parte. Nell'epilogo frettoloso emerge anche una sgradevole sensazione di sciatteria che un materiale del genere non avrebbe meritato. La regia di De Palma è tecnicamente ineccepibile ma anonima dal punto di vista drammaturgico, anche perchè i vizi di forma erano presenti già a monte, nella scrittura confusionaria. Menzione speciale obbligata per le scenografie del nostro grande Dante Ferretti, che ha ricostruito magnificamente in Bulgaria la Los Angeles degli anni '40. Alla luce delle notevoli attese la delusione è stata ancora maggiore.
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