mercoledì 11 agosto 2021

Indiana Jones e il tempio maledetto (Indiana Jones and the Temple of Doom, 1984) di Steven Spielberg

Secondo capitolo della saga sulle avventure dell'archeologo più famoso del mondo, Indiana Jones, dopo lo strabiliante successo planetario dello sfavillante primo episodio: I predatori dell'arca perduta (Raiders of the Lost Ark, 1981). Squadra che vince non si cambia e quindi ecco il ritorno al completo del team artistico che ha decretato le fortune del film di esordio, con George Lucas "cervello" dell'operazione (produttore esecutivo e autore del soggetto), Steven Spielberg in cabina di regia e, ovviamente, Harrison Ford a riprendere il ruolo di "Indy" che ne segnerà la carriera in modo indelebile. Per espressa volontà di Lucas il personaggio femminile viene cambiato e Spielberg decise di affidarsi alla quasi esordiente Kate Capshaw, una biondina spigliata e di grande energia, che catturò anche il suo cuore dopo il fatale incontro sul set, diventando in seguito sua moglie e madre dei suoi figli. La vicenda è ambientata nel 1935 (quindi un anno prima rispetto a quella de I  predatori dell'arca perduta) e, partendo da Shangai, sposta il cuore dell'azione nella selvaggia e misteriosa India in cui il nostro eroe, aiutato da una cantante di night club capricciosa e schizzinosa e da un ragazzino cinese furbo e svelto, dovrà affrontare il culto sanguinario degli adoratori della dea Kali, i leggendari Thugs citati anche da Emilio Salgari nei suoi romanzi esotici, devoti al Male e dediti a crudeli sacrifici umani, consumati in tenebrosi antri sotterranei. Lo scopo della missione è il recupero delle pietre sacre di Shankara, un antico manufatto della tradizione indù, rubate dai fanatici della setta e dotate di poteri miracolosi, per aiutare gli abitanti di un povero villaggio caduto nella miseria più nera dopo il furto di una delle pietre (Sivalinga), il magico talismano che li proteggeva da secoli. Questo film è unanimemente considerato l'episodio più debole della trilogia originale 1981-1989: troppo cupo, troppo violento, con diverse cadute di stile e momenti kitsch, meno agile, meno adrenalinico e meno geniale dell'irripetibile primo capitolo. Tutto sacrosanto e anche gli incassi di gran lunga inferiori e i giudizi tiepidi dei critici ne sono ulteriore conferma. Ma il problema principale risiede nel "manico" debole, ovvero nell'idea di partenza, nel "tesoro" oggetto della caccia: le pietre di Shankara non possono competere con il fascino mitologico, evocativo e mistico dell'Arca dell'Alleanza o del Santo Graal. Almeno non in Occidente. Non tutto però è da buttar via: un Harrison Ford nel pieno del suo splendore fisico ci regala vibranti sequenze avventurose e riusciti siparietti comici con i due improvvisati compagni di viaggio, l'ironia tipica della saga appare più perfida e matura e restano indimenticabili due memorabili scene d'azione: il prologo entusiasmante, che inizia come un musical scintillante e poi diventa un folle tourbillon grottesco di pura meraviglia action, e l'inseguimento finale sui carrelli in miniera, un autentico giro a rotta di collo sulle montagne russe hollywoodiane. Nei suoi momenti topici il livello di spettacolarità e di divertimento resta altissimo, malgrado un tono generale più dimesso e opaco. Il film vinse l'Oscar per i migliori effetti speciali.

Voto:
voto: 3/5

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