lunedì 30 agosto 2021

Sils Maria (Clouds of Sils Maria, 2014) di Olivier Assayas

Maria è un'attrice di mezza età che teme l'invecchiamento e il progressivo sbiadire della sua bellezza e della sua fama, ottenuta a soli 18 anni grazie alla pièce teatrale "Maloja Snake", in cui interpretava Sigrid, una giovane ambiziosa che seduce la matura Helena e la conduce al suicidio. Adesso, a quasi vent'anni da quel fortunato debutto, le viene chiesto di recitare nel ruolo di Helena, mentre il personaggio di Sigrid (che lei sente ancora come suo di diritto) viene affidato alla star emergente Jo-Ann, divenuta in fretta idolo dei teenager grazie alla sua partecipazione a blockbuster commerciali sui super eroi. Maria entra in crisi, ma trova dalla sua parte l'amorevole assistente Valentine, una ragazza che la protegge e la sostiene, e che si offre di provare il copione insieme a lei, cercando la necessaria quiete nell'isolamento di uno chalet tra le montagne svizzere. Questo limpido dramma al femminile di Olivier Assayas, nella doppia veste di regista e sceneggiatore, è una parabola sui conflitti generazionali e sul trascorrere inesorabile del tempo, ma anche sul rapporto tra arte e vita, in un vertiginoso gioco "a specchio" di citazioni, allusioni, riferimenti, che legano tra loro in maniera affascinante i personaggi, le persone e persino gli attori stessi, con notevoli rimandi meta-cinematografici. E' abbastanza evidente come le vicende del personaggio di Maria siano in qualche modo riconducibili alla reale carriera della sua interprete Juliette Binoche, e un discorso simile può essere fatto per Valentine e Kristen Stewart o per Jo-Ann e Chloë Grace Moretz. Nel continuo scambio di riflessioni e rifrazioni, c'è anche spazio per ironia e leggerezza, momenti poetici, sequenze di naturalismo evocativo e omaggi a grandi classici come Eva contro Eva (All About Eve, 1950) di Joseph L. Mankiewicz. Al netto di qualche passaggio un po' tortuoso e di una sporadica sensazione di manierismo autocompiaciuto, questa è anche un'opera sulla potenza dello sguardo, sul valore delle sfumature, sulla celebrazione delle immagini (e del silenzio) rispetto ai dialoghi. Dunque un confronto tra cinema e teatro, in un ulteriore sottolivello nel meccanismo delle scatole cinesi che formano l'ossatura del film. Grande consenso da parte della critica per l'interpretazione di Kristen Stewart, conosciuta dal grande pubblico come la bella eroina del melenso "fotoromanzo" horror Twilight, e qui molto convincente in una delle sue prime vere incursioni nel cinema d'autore.
 
Voto:
voto: 3,5/5

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