Roberto Santini è un esperto di sistemi di sicurezza, gestore e responsabile di un complesso apparato di telecamere di sorveglianza e meccanismi di alert che garantiscono l'incolumità dei ricchi abitanti di Forte dei Marmi, esclusiva località marittima e ambita meta della borghesia facoltosa. Sua moglie Claudia, con cui è da tempo sull'orlo della separazione, è la rampante candidata a sindaco della cittadina, spalleggiata dal potente Curzio Pilati, da sempre un riferimento politico e culturale della comunità. Quando una giovane del posto, Maria, appare di notte davanti alla telecamera di sorveglianza di una villa, piena di graffi e lividi, in stato di shock e chiedendo aiuto, Roberto denuncia subito il fatto alla polizia. Dopo l'indagine viene accusato il padre della ragazza, un ubriacone molesto conosciuto da tempo in paese. Ma Roberto sente puzza di bruciato e sospetta che la faccenda nasconda fatti ben più loschi e segreti inconfessabili dell'elitario luogo di villeggiatura. Dal romanzo omonimo di Stephen Amidon, l'inglese Peter Chelsom ha tratto un thriller nero, che sposta l'azione dal New England alla Versilia italiana, ma che mantiene l'essenza dello spirito del testo narrativo. E' un film cupo, invernale, sommesso, dove fin dall'inizio è chiaro che qualcosa non quadra e che, sotto la facciata ridente e impeccabile dell'esclusivo "salotto" marittimo per soli ricchi, si nascondono oscure faccende, comportamenti deviati e scheletri nell'armadio. Il tema centrale dell'opera, quanto mai attuale, è quello della "sicurezza", che spesso fa rima con diminuzione delle libertà, abusi di potere, sospetti sul gestore e invasione della privacy. La domanda cruciale posta dal film è se, e in che misura, valga la pena di incappare negli effetti collaterali predetti, in nome di una presunta "sicurezza". Ma c'è dell'altro, ovviamente, ed è inevitabile in una storia di misteri e di segreti: e se la "sicurezza" fosse in realtà uno strumento dei potenti con cui difendere i propri interessi, preservare i propri privilegi e tenere fuori tutti gli altri dal loro "club" dorato? Le domande rimangono senza una risposta esplicita, ma sarà lo spettatore a farsi una propria opinione, per quanto gli sviluppi narrativi ne suggeriscano chiaramente la direzione. Peccato però che, un materiale di partenza molto interessante, venga sviluppato in maniera superficiale, grossolana, curando più la forma che la sostanza e sviscerando le dinamiche di interconnessione tra i personaggi senza la giusta sottigliezza psicologica, con poche sfumature, mirando più all'accumulo di situazioni drammatiche che alla pungente analisi trasversale. Il grande potenziale politico e sociale della storia rimane inespresso, sullo sfondo, come una grande occasione perduta. Distribuito direttamente sulle diverse piattaforme di SKY, a causa della pandemia covid-19, si avvale di un cast di tutto rispetto (Marco D'Amore, Maya Sansa, Fabrizio Bentivoglio, Tommaso Ragno, Silvio Muccino), in cui ciascuno fa il suo senza infamia e senza lode, non riuscendo mai a scalfire davvero la superficie. Né quella emotiva, né quella del patos e né tanto meno quella della critica sociale. Molto suggestiva la fotografia dell'italo-americano Mauro Fiore, premio Oscar nel 2010 per Avatar di James Cameron.
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