Checco è un ragazzo pugliese cresciuto fin da piccolo con il mito ossessivo del "posto fisso". Diventato adulto ha realizzato tutti i suoi sogni: lavoro statale a tempo indeterminato presso un piccolo ufficio provinciale della sezione "Caccia e pesca", dove lavoricchia senza affaticarsi troppo, cercando anche di approfittarsi degli utenti più sempliciotti, facendosi portare regali di ogni tipo in cambio del classico occhio di riguardo. Fidanzato da una vita con una ragazza appiccicosa, ma senza alcuna vera intenzione di fare il "grande passo", Checco continua beatamente a vivere con la madre, coccolato e servito come un pascià. Ma le riforme statali imposte dall'abolizione delle province metteranno sulla sua strada una dispotica dirigente del ministero, la famigerata dottoressa Sironi, che ha il compito di convincere il maggior numero possibile di dipendenti a dare le dimissioni, in cambio di una congrua buonuscita. Checco, ancora relativamente giovane, scapolo e senza prole, è il profilo perfetto per i tagli della Sironi e diventa così il suo bersaglio primario. A causa della riluttanza dell'uomo, che non intende rinunciare per nessun motivo al suo agognato posto fisso, la cinica manager lo trasferisce in Norvegia, vicino al Circolo Polare Artico, sperando così di fiaccarne la resistenza, rendendogli la vita impossibile. Ma il buon Checco, tanto bifolco quanto versatile nella sua disarmante schiettezza, metterà radici anche lì, e troverà persino il grande amore. E' impossibile non dedicare almeno una parentesi al "fenomeno" nazionale Luca Medici, da tutti conosciuto come Checco Zalone (nome d'arte che gioca sull'espressione barese "che-cozzalone" ovvero "che tamarro"). Il comico pugliese, che ha costruito una carriera su un personaggio zotico, triviale, sfacciato e politicamente scorretto, tra sketch e canzonette, ha fatto tutta la gavetta di rito (locali, palcoscenici, televisione) per poi sbarcare al cinema nel 2009 e rivelarsi il re indiscusso del botteghino italiano, capace di battere tutti i record d'incasso in vertiginosa sequenza e addirittura provocare lo slittamento delle uscite dei grandi blockbuster americani, per non essere danneggiati economicamente dalla concorrenza dei suoi film, ormai attesissimi da un sempre crescente pubblico di affezionati e ritenuti dai distributori "senza avversari". Si dice che ogni epoca ha il comico che si merita e probabilmente è vero. Ma Zalone non è l'erede del "cinepanettone" (come alcuni vaneggiano), perchè la sua comicità è sicuramente sboccata con cadute nel trash, ma anche mordace, audace, pungente, capace di trasformarsi in satira irriverente e macchiettistica sui vizi dell'italiano medio. Insomma quello che una volta faceva Alberto Sordi insieme ai grandi Autori della nobile Commedia all'Italiana (e che invece non hanno mai fatto i loro più prossimi "eredi" Verdone, Troisi, Benigni, Nuti). Ovviamente questa satira di illustre ispirazione è attualizzata al linguaggio dei nostri tempi, alla sensibilità più disinvolta, ai costumi più spudorati, al ribasso di cultura (ahimè!) ed alla perdita generale di valori, ideali e riferimenti. Sotto questo aspetto, e non necessariamente con accezione per lui negativa, Checco Zalone è esattamente il comico che oggi ci meritiamo in Italia. Questo quarto lungometraggio che lo vede attore protagonista e co-sceneggiatore, sempre sotto la regia di Gennaro Nunziante e la produzione di Pietro Valsecchi, è una divertente farsa ruspante, a volte "cafona", a volte satirica, a volte goliardica, che gioca impunemente su tutti i malcostumi atavici dell'italiano medio, oscillando tra stereotipi e realtà, sempre all'insegna di una "mitragliata" di battute, alcune delle quali molto riuscite. Si ride, si sorride, si ghigna e talvolta si storce il naso, perchè Checco è un vulcano in eruzione e ogni tanto sconfina nel becero di bassa lega. Ma poi lo senti tirar fuori una genialata sarcastica come la canzone sulla "Prima Repubblica che non si scorda mai" e capisci esattamente perchè, ad uno così, tutto si perdona. Tra le altre cose va anche detto che la perfida "cattiveria" di certe battute di Zalone va ben oltre il crudele cinismo dei detestabili personaggi di Sordi, perchè i tempi sono cambiati e le maglie della "decenza" si sono notevolmente allargate. Ma, oggi come ieri, il meccanismo psicologico alla base del grande successo è sempre lo stesso: il pubblico ama specchiarsi nei propri stessi difetti e ridere a crepapelle di questi. Forse per esorcizzarli, o per ripulirsi la coscienza, o per una forma di masochismo inconscio. O forse perchè, con istintiva ipocrisia, finge di non riconoscersi nel ritratto che sta guardando. Alla fine del suo percorso in sala Quo vado? ha incassato ben 65 milioni di euro, piazzandosi al secondo posto nella classifica nazionale di tutti i tempi (senza tener conto dell'inflazione monetaria), solo per pochi "spiccioli" dietro ad Avatar (2009) di James Cameron. Invece nella più sensata classifica che tiene conto del numero di biglietti venduti (ma limitatamente alle pellicole di produzione italiana), il film con Zalone è "solo" al 34° posto (ma è primo considerando il periodo che va dal 1997 in poi).
La frase:
- "E tu Checco, che vuoi fare da grande ?"
- "Io da grande voglio fare il posto fisso."
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