domenica 29 agosto 2021

Cento giorni a Palermo (1984) di Giuseppe Ferrara

Ricostruzione vigorosa dei 126 giorni trascorsi come prefetto di Palermo dal generale dei carabinieri Carlo Alberto dalla Chiesa, inviato in Sicilia dal governo con presunti "poteri speciali" per combattere la Mafia dopo aver vinto la guerra contro il terrorismo eversivo. Ma le cose non sono esattamente quelle che sembrano e non vanno come avrebbero dovuto: il generale non riceve mai i poteri che gli erano stati promessi, si scontra con una burocrazia pachidermica ed un ambiente ostile, diffidente e colluso col crimine che non lo vuole e non intende realmente collaborare, e si rende presto conto che il vero motivo per cui è stato mandato in prima linea era un altro: isolarlo, lasciarlo da solo e poi utilizzarlo come vittima sacrificale sull'altare degli eroi caduti per la patria. Complice anche la sua testarda imprudenza, la notte del 3 settembre 1982, Dalla Chiesa viene crivellato di colpi dai killer di Cosa Nostra, insieme alla sua giovane seconda moglie, Emanuela Setti Carraro, che si era ostinata a seguirlo nella pericolosa missione siciliana. L'omicidio del generale, uno degli ultimi simboli pubblici inflessibili di legalità e di onestà del paese, fu l'ennesimo (e purtroppo non ultimo) delitto eccellente commesso dal crimine organizzato in barba alle istituzioni, ma uno di quelli più tragici per la sua grande portata simbolica, che mise letteralmente in ginocchio il morale della parte sana della Sicilia e in gravissimo imbarazzo il governo dell'epoca. Questo film del toscano Giuseppe Ferrara è, probabilmente, poco sottile dal punto di vista psicologico e poco elegante sotto il profilo stilistico, ma va dritto al nocciolo della questione e costituisce, se non un modello cinematografico, una importante fotografia di quei tempi oscuri, efficace nella ricostruzione ambientale, implacabile nella ferocia visiva e pungente nelle accuse a quel perverso sistema di potere che mandò a morire Dalla Chiesa, perchè latore di troppi segreti scomodi sui "giochi" occulti compiuti dalla DC nell'ultimo decennio (a cominciare dal caso Moro). Forse sarebbe stato il caso di insistere maggiormente su questo punto piuttosto che sul versante dei delitti, delle sparatorie e delle scene di azione, rendendo così il film meno appetibile per il pubblico medio ma ben più graffiante nella sua critica al potere corrotto, colpevole come e più dei criminali mafiosi. Bella interpretazione dei due interpreti principali, un solido Lino Ventura ed una sensibile Giuliana De Sio. La pellicola fu l'ultima apparizione dell'attore Stefano Satta Flores, che morì l'anno dopo per una grave malattia. Adalberto Maria Merli compare nel film in qualità di attore e di doppiatore del protagonista Lino Ventura. Giuseppe Ferrara non è di certo Francesco Rosi (e si vede), ma il film merita comunque la visione come documento storico, soprattutto per i più giovani che sono, generalmente, poco informati sul nostro doloroso e recente passato.

Voto:
voto: 3/5

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