Rosario, napoletano di mezza età, vive da molti anni in Germania, dove gestisce un hotel ristorante, ha sposato la tedesca Renate ed ha con lei un figlio, il piccolo Mathias. La "vita tranquilla" dell'uomo viene turbata dall'arrivo di due giovani compaesani, Edoardo e Diego, che fanno riemergere il suo oscuro passato da cui, 15 anni prima, aveva cercato di fuggire. Questo crime "nero" diretto con perizia e mano sicura dal veneto Claudio Cupellini (principalmente conosciuto dal grande pubblico come uno dei registi di lungo corso della serie televisiva "Gomorra") è un cupo dramma fedele ai codici del suo genere, dal respiro internazionale a causa dell'ambientazione tedesca, ma intimamente italiano, anzi napoletano, per i protagonisti, la lingua e l'atavico cancro del crimine organizzato che, come un peccato originale o una macchia indelebile, segue per sempre e in qualunque luogo coloro che sono entrati in contatto con quel male che non dimentica e non si dimentica. Strutturato come una ineluttabile tragedia familiare, in cui le colpe dei padri ricadono sui figli (non sempre necessariamente innocenti), il film garantisce una tensione costante e disegna un fosco affresco antropologico di malavita in cui l'ombra della vendetta, gli antichi rancori e gli sbagli del passato, si ripresentano come feroci fantasmi a chiedere il conto. A causa della mano che dirige e della presenza nel cast di Marco D'Amore (ancora nel ruolo di un "soldato" di camorra), l'effetto "Gomorra" è difficile da evitare, ma ci pensa quel grande attore di Toni Servillo (come sempre straordinario) a caricarsi il film sulle spalle e a fungere da jolly prezioso, l'autentica marcia in più. Praticamente tutto ruota intorno a lui dall'inizio alla fine e difficilmente questo film sarebbe stato lo stesso senza la sua presenza. Il finale coraggioso e tetro è di grande valenza tragica e rende l'opera più interessante di tanti altri prodotti che le assomigliano.
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