Un gruppo eterogeneo di giovani parigini si aggira di notte nel ventre della città, attraverso i tunnel della metropolitana, come posseduti da una forza oscura che li controlla. Sono bianchi, neri, europei, arabi, ricchi, poveri, figli dei ghetti periferici o dei palazzi storici del centro. Tutti insieme, muti e spiritati, formano uno squadrone d'assalto che piazza bombe in vari punti strategici della metropoli francese, dilaniandola impunemente e senza un chiaro motivo. Poi tutti insieme si rifugiano in un grosso centro commerciale dopo l'orario di chiusura e, silenziosi, aspettano. Inquietante dramma onirico di Bertrand Bonello, fortemente discusso alla sua uscita in Francia per il suo presunto contenuto politico giudicato "scorretto" e altamente "pericoloso". E' fuori discussione che la materia trattata nell'opera sia altamente "incendiaria" e possa essere facilmente fraintesa da un pubblico impreparato o fazioso o già tendenzialmente violento. Ma questo discorso è antico e ampolloso ed esiste fin da quando, nel 1964, Sergio Leone avviò il processo di sdoganamento della violenza sul grande schermo. Alla fine sono sempre gli intenti artistici (che qui sono indubbi ed evidenti), la capacità di sublimare il significante nel significato e, cosa più importante, l'intelligenza dello spettatore a fare la differenza. Viceversa i prodotti di bassa lega, ipoteticamente istigatori o sostenitori dei cattivi comportamenti, durano un battito di ciglia e poi ci pensa rapidamente il tempo a seppellirli in oblio, rendendoli innocui. Nocturama non è principalmente un film politico ma una riflessione teorica sul terrorismo nella sua forma più pura, amorale, apolitica, e, quindi, più spaventosa. Non a caso i giovani teppisti che "bruciano" Parigi (con evidente metafora di una ribellione giovanile viscerale contro uno status quo pregnante, simbolico e fortemente iconico) sono di diversa estrazione etnica, sociale, economica e culturale e non possono essere identificati in questo o quel gruppo, secondo i comuni pregiudizi odierni. In questo senso la pellicola mira ad essere qualcosa di più profondo: un grido di dolore di una generazione sbandata e senza riferimenti, un atto estremo di disperazione, diversificazione, affermazione di sè, ribellione e, inevitabile, annullamento, nel finale nero e profondamente pessimista. Con forza vibrante, spirito mordace e talento visionario, l'autore mette in scena una dura parabola allegorica contro il materialismo, la sottocultura dell'omologazione e lo spaesamento esistenziale indotto dalla perdita di riferimenti ideologici e culturali. Impossibile non menzionare le molteplici scene in cui viene esplicitato (magistralmente) il feticismo degli oggetti, la brama del possesso, la pseudo cultura spicciola basata su slogan e luoghi comuni e la tendenza inevitabile per cui un sistema sociale finisca prima o poi per implodere dall'interno a causa del "virus" del terrorismo che, prima o poi, nasce e cresce dentro di sè. Allo stesso modo i cinefili noteranno con piacevole gioia le molteplici citazioni a George Romero (i terroristi "fantasmi" sono volutamente una nuova versione dei suoi zombie), allo scrittore "maledetto" Bret Easton Ellis o alla cultura pop, nelle sue forme più disparate. E' un film potente, suggestivo, angosciante e sottilmente conturbante, come solo certi film francesi sanno essere.
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