Un uomo misterioso sta sempre seduto ad un tavolo d'angolo del ristorante "The Place", ha davanti un quaderno dove prende appunti o legge cose scritte da lui stesso. A turno un vasto campionario di umanità di ogni tipo arriva da lui per parlargli, confessarsi e fare delle richieste del genere più svariato: salute, bellezza, ricchezza, sesso, riscatto sociale. Perchè l'uomo ha il potere di esaudire qualunque desiderio in cambio di una "buona azione". Ma ogni azione ha sempre delle conseguenze, spesso imprevedibili. Dramma psicologico fantastico di Paolo Genovese (che lo ha anche scritto insieme a Isabella Aguilar), ispirato ad una serie televisiva americana: "The Booth at the End". E' un tragico film corale con suggestioni "sulfuree" (che ammicca vagamente al mito del Faust) e struttura teatrale, privo di azione, con un'unica ambientazione (il "posto" del titolo) e tutto costruito sui dialoghi tra l'enigmatico protagonista (un diavolo? un angelo? un impostore?) ed i suoi pittoreschi interlocutori. L'intento dell'autore è evidente: utilizzare un intreccio metaforico dal sapore soprannaturale per tracciare un affresco decadente della società contemporanea, di cui vengono vivisezionati tutti gli aspetti più deteriori: solitudine, disperazione, volgarità, avidità, lussuria, invidia, meschinità, cattiveria, cinismo, con l'aggiunta inevitabile di traumi e sensi di colpa. E' una sorta di seduta psicanalitica di gruppo, in cui la forte motivazione del desiderio da esaudire fa tirar fuori il peggio di ognuno, mettendone a nudo debolezze e lati oscuri. E' dunque corretto affermare che questo bizzarro dramma surreale verboso mira alla satira di costume, utilizzando l'inquietudine e gli strumenti del thriller al posto dell'ironia e della commedia. Peccato che l'operazione (indubbiamente originale ed interessante nelle premesse) si riveli noiosa, poco incisiva e poco coinvolgente, a causa dei dialoghi banali, di personaggi monolitici e di situazioni facilmente prevedibili. Nonostante un cast corale di grandi nomi (Valerio Mastandrea, Marco Giallini, Alessandro Borghi, Sabrina Ferilli, Vittoria Puccini, Vinicio Marchioni, Alba Rohrwacher, Silvio Muccino, Rocco Papaleo), le interpretazioni risultano generalmente sotto tono e non conferiscono mai la giusta tensione drammatica ai singoli confronti tra Lui e il "cliente" di turno. Lo stesso Mastandrea, nel ruolo fondamentale dell'uomo misterioso, per quanto bravo come sempre, sceglie di adottare un registro recitativo serafico e minimalista, quando invece sarebbe stato meglio conferire al personaggio un maggiore fascino "diabolico".
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