lunedì 23 agosto 2021

La moglie di Frankenstein (Bride of Frankenstein, 1935) di James Whale

Il barone Frankenstein è pentito dei suoi esperimenti che hanno dato vita alla creatura. Ma il "mostro" da lui creato assemblando pezzi di cadaveri non è morto e continua a vagare, senza pace, nelle campagne. Il dr. Pretorius convince allora Frankenstein a riprendere i suoi esperimenti e dare vita ad una nuova creatura, stavolta di sesso femminile, per dare una compagna al "mostro". Quattro anni dopo il successo di Frankenstein (1931), sempre diretto da James Whale, il regista inglese rimette mano all'universo gotico creato dal romanzo di Mary Shelley per realizzarne un sequel, ancora prodotto dalla Universal, che è addirittura superiore al primo film. La moglie di Frankenstein è un horror fantastico visivamente magnifico, essenziale nella stratificazione della relativa iconografia nell'immaginario collettivo, carico di suggestioni metaforiche di natura sessuale e religiosa, e denso di approfondimenti psicologici che favoriscono la crescita evolutiva della "creatura", che da puro "mostro" diventa un simbolo di alienazione, un reietto conscio del suo stato di "diverso" e bisognoso di un contatto emotivo tipicamente umano. Per questo l'opera diventa qualcosa di più di un semplice horror, ma assume i contorni di una grande tragedia esistenziale sulla solitudine e sull'emarginazione. La messa in scena è di grande eleganza, il cast perfetto (tra gli interpreti ricordiamo Elsa Lanchester, Colin Clive, Valerie Hobson e il leggendario Boris Karloff nel ruolo della "creatura") e la caratterizzazione della moglie del "mostro" è entrata di diritto nella galleria delle figure archetipali del genere horror. Alla sua uscita il film ottenne un enorme successo di pubblico e critica ed è probabilmente il migliore tra gli horror classici prodotti dalla Universal. Esistono due versioni della pellicola: quella integrale di 90 minuti (reperibile nella bella edizione in DVD del 2004) e quella uscita in sala nel '35, con tagli di censura che la accorciarono a 75 minuti, eliminando anche il bel prologo "romantico" in cui Mary Shelley racconta al suo amico scrittore George Byron l'idea di realizzare un seguito del suo romanzo "Frankenstein". Nel suggestivo Gothic (1986) il regista Ken Russell si riallaccia idealmente a questo episodio, da cui trae ampio spunto per la trama del suo film. La pellicola ha avuto un sequel, Il figlio di Frankenstein (Son of Frankenstein, 1939) di Rowland V. Lee, ed un remake a colori, La sposa promessa (The Bride, 1985) di Franc Roddam con Jennifer Beals e il cantante Sting.

Voto:
voto: 4/5

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