venerdì 27 agosto 2021

La ragazza del lago (2007) di Andrea Molaioli

Dal romanzo "Lo sguardo di uno sconosciuto" della norvegese Karin Fossum. In riva ad un lago di montagna dell'Alto Friuli viene ritrovato il cadavere di una ragazza nuda, identificato con la scomparsa Anna, una bella studentessa di un paese vicino. Si occupa del caso il commissario Sanzio, da poco trasferitosi in loco, accompagnato da un ispettore del posto e profondo conoscitore dell'ambiente. Le indagini sono difficili, il movente non si trova e i possibili sospetti sono numerosi. A mano a mano che Sanzio scava nelle vite degli abitanti del paese emerge un doloroso quadro di oscuri segreti e verità nascoste totalmente diverso dalla ligia facciata che la comunità mostra all'esterno. Ma il commissario, professionalmente integerrimo e dai metodi rigorosi, ha anche lui un sofferto privato di drammi personali, che, nella sua mente, si mescoleranno a quelli degli indagati durante la metodica ricerca delle verità. Pregevole esordio del romano Andrea Molaioli, che ha adattato un affascinante libro scandinavo, spostando l'azione dai fiordi norvegesi ai paesaggi lacustri e montani del nord Est italiano. La ragazza del lago è un giallo esistenziale, intimistico e psicologico, in cui l'azione è del tutto assente, sostituita da dialoghi emblematici, ambientazioni pregnanti e sottile analisi sociologica di un ambiente di provincia più archetipale che tipizzato. E' un film teorico, a tratti metafisico, sulla natura umana; che procede, metodicamente, per sottrazione, suggerendo anziché mostrando e offrendo spunti di meditazione più che risposte. E' anche un film in cui il percorso di indagine e le sue tappe emotive sono più importanti delle conclusioni, e in cui la comprensione delle motivazioni di un crimine conta più del crimine stesso. Il tono malinconico, l'andamento meditabondo, la messa in scena minimale, il male di vivere che accomuna tutti e lo sguardo compassionevole verso i personaggi, sono ereditati dal noir classico e vengono inseriti con fertile sottigliezza in un struttura narrativa solida che, solo apparentemente, ricalca le regole del giallo whodunit. Chi si è lamentato del finale debole o della difficile empatia con la vicenda, non ha colto il reale senso intimo di questo complesso percorso esistenziale, tanto sfumato quanto implacabile. Oppure, più semplicemente, ha sbagliato tipo di film. Straordinaria interpretazione di un Toni Servillo atipico, dolente e sommesso, una delle migliori in assoluto della sua luminosa carriera, premiata con il Premio Pasinetti al Festival di Venezia. Ma tutto il cast è di grande spessore e in stato di grazia: da Fabrizio Gifuni a Valeria Golino, da Anna Bonaiuto al compianto Omero Antonutti. Incompreso e poco amato dal pubblico italiano, questo film di silenzi e di essenza è stato invece acclamato dalla critica, ha vinto tutti i premi nazionali dell'anno (10 David di Donatello, 3 Nastri d'argento, 4 Ciak d'oro, 2 Globi d'oro) ed ha avuto molte richieste dal mercato estero. 
 
Voto:
voto: 4/5

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