Boston, 1862, durante la Guerra di Secessione. Il giovane capitano Robert Gould Shaw, appartenente ad una ricca famiglia liberale, accetta l'incarico di comandare un reggimento dell'Unione composto da tutti soldati di colore (a parte gli ufficiali che sono bianchi). L'unità militare è formata in gran parte da ex schiavi fuggiti dal Sud e riparati nel più tollerante Nord. Shaw, uomo corretto, solido e di larghe vedute, deve scontrarsi con l'ostilità e la diffidenza dei suoi nuovi soldati, che, in quanto bianco, lo guardano con sospetto. Dopo molte peripezie l'ufficiale saprà meritarsi il loro rispetto, al di là del grado che porta, e li guiderà in una missione apparentemente disperata, assaltando un fortino inespugnabile sull'isola Morris, nel South Carolina. Kolossal bellico di Edward Zwick, scritto da Kevin Jarre, e ispirato ad una storia vera che i libri di storia non raccontano, adattando, con diverse licenze, la raccolta epistolare di Robert Gould Shaw (comandante del 54º Reggimento Volontari di Fanteria del Massachusetts) ed i romanzi "Lay This Laurel" di Lincoln Kirstein e "One Gallant Rush" di Peter Burchard. Glory è un magniloquente affresco eroico celebrativo in epica fordiana del coraggio dei tanti uomini del 54º Reggimento (quasi tutti afroamericani) che persero la vita nell'attacco di Fort Wagner, un sacrificio di vite enorme che fu però una "pedina" (mi si passi il termine irrispettoso) importante nello scacchiere bellico della vittoria finale nordista. I momenti di volo alto del film sono nelle imponenti sequenze di battaglia, negli sguardi fieri dei soldati, nel complesso percorso di reciproco avvicinamento umano tra il colonnello bianco e i suoi militari di colore, nel misticismo intimistico di alcuni dialoghi. Nondimeno l'opera, in perfetto stile hollywoodiano, pecca di enfasi retorica, moralismo edificante e ipocrisia buonista di matrice riparatoria nei confronti degli afroamericani, verso cui il potere bianco ha fin troppo da farsi perdonare. Qualcuno ha notato, con perfida sagacia, che, malgrado tutto, il film celebra l'eroismo dei neri ma il punto di vista del racconto è quello di un bianco (l'unico bianco), ovvero il comandante Shaw. Un modo più sincero di fare le cose sarebbe stato attuare il processo inverso (raccontare Shaw attraverso gli occhi dei soldati neri), magari affidandosi pure ad un bravo regista di colore. E molto altro si potrebbe aggiungere, soprattutto guardando la pellicola oggi con sensibilità moderna, su quanto si possa davvero glorificare il massacro predeterminato di uomini di colore, strappati via dalla loro terra cento anni prima dai bianchi, portati in catene in un mondo nuovo per servire da schiavi, poi parzialmente tollerati ma mai realmente integrati e infine mandati a morire dai discendenti di quegli stessi bianchi che furono i loro aguzzini. Si potrà dire che quella era anche la loro causa, perchè la vittoria del Nord avrebbe ufficialmente sancito la fine dello schiavismo. E' sicuramente vero, ma perchè allora, dopo quasi 200 anni, stiamo ancora a parlare di razzismo, intolleranza, diritti civili e "Black Lives Matter" ? Fu davvero gloria quella di cui parla questo film o si tratta sempre della solita strage degli innocenti e dei deboli a vantaggio dei potenti ? In America la pellicola ebbe un grande successo, ma la più saggia critica europea si dimostrò generalmente tiepida. Nel cast spiccano Matthew Broderick, Denzel Washington, Morgan Freeman e Cary Elwes. Tre Premi Oscar: miglior attore non protagonista (Denzel Washington), migliore fotografia (Freddie Francis) e miglior sonoro (Donald O'Mitchell, Gregg Rudloff, Elliot Tyson e Russell Williams II).
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