La vita e la carriera, condensate in due ore, dello straordinario mattatore inglese Peter Sellers: istrionico, trasformista, imitatore, cantante, divenuto celebre come comico (oltre che per il suo innato talento di modificare a piacimento la voce), raggiunse il grande successo mondiale grazie al ruolo del goffo Ispettore Clouseau nella serie di commedie ridanciane de La Pantera rosa, ma il nostro fu anche uno straordinario attore drammatico e, proprio in questi ruoli, ha dato il meglio del suo purissimo talento, lavorando anche due volte con Stanley Kubrick, al servizio del quale offrì interpretazioni memorabili. C'è molto (ma non abbastanza) in questo biopic di Stephen Hopkins, ispirato alla biografia letteraria "The Life and Death of Peter Sellers" di Roger Lewis, con numerose incursioni nel privato del grande attore, di cui il film ci offre il ritratto complesso di un uomo camaleontico e inquieto, eccessivo e insicuro, perfezionista e volubile, spigoloso e fragile, perennemente infatuato delle belle donne e insoddisfatto cronico, segnato fin dall'infanzia dal rapporto con una madre ingombrante e possessiva, attrice mancata che ha riversato su di lui i propri fallimenti e che lo voleva in esclusiva tutto per sè. Il film affronta tanti temi, racconta fatti, aneddoti, incontri, successi, frustrazioni e pettegolezzi, attraverso una ricca galleria di personaggi come la madre (Miriam Margolyes), la prima moglie Anne (Emily Watson) da cui Sellers ebbe 2 figli, la seconda moglie e grande amore Britt Ekland (Charlize Theron), Sophia Loren (Sonia Aquino) per cui il nostro perse clamorosamente la testa, Stanley Kubrick (Stanley Tucci) e ovviamente Blake Edwards (John Lithgow) con cui Sellers ebbe un lungo e proficuo sodalizio amicale e professionale, con momenti di odio e amore. Viene mostrata chiaramente l'insofferenza dell'attore per Clouseau (che gli diede fama planetaria ma che, a suo avviso, ne ingabbiava e mortificava il talento, facendo arrivare al pubblico solo il suo lato burlesco, nascondendone la reale statura di geniale interprete) e come questo suo cruccio ebbe ripercussioni negative nell'importante rapporto con il suo mentore Blake Edwards. Non mancano le zone d'ombra, i vizi, le cadute, gli eccessi, le dipendenze, il cuore debole e gli infarti che poi lo condurranno alla morte a soli 55 anni. E ancora l'ultima fase della carriera in cui Sellers abbandonò i ruoli brillanti, scegliendo personaggi drammatici, ombrosi e tormentati, fino alla commovente performance del giardiniere Chance in Oltre il giardino (Being There, 1979) di Hal Ashby, che gli fruttò la sua ultima candidatura all'Oscar, dopo quella (celeberrima) nel kubrickiano Il dottor Stranamore (1964), in cui l'eclettico attore dà vita a tre personaggi diversi con strabiliante mimetismo. Nel complesso Tu chiamami Peter non è affatto un brutto film, ha diversi momenti particolarmente riusciti, alcune invenzioni onirico visionarie pregevoli, delle citazioni importanti o esilaranti e, tutto sommato, può rappresentare un buon "bignami" per tutti coloro che sanno poco o nulla di Peter Sellers e desiderano "conoscerlo" attraverso una veloce full immersion riepilogativa. L'aspetto di maggior eccellenza è la splendida interpretazione di Geoffrey Rush (uno che con Sellers ha diversi aspetti in comune), che si cala nei panni del protagonista con incredibile naturalezza, cercandone sempre l'anima, il guizzo estroso, lo slancio vitale, la smania nervosa, la malinconia silenziosa e andando ben oltre la calligrafica mimesi. Rush ha studiato Sellers a lungo prima di accettare il ruolo, specializzandosi principalmente sul suo talento di trasformista delle voci (un metodico lavoro che ovviamente si perde del tutto nella versione doppiata in italiano da Pino Insegno). Ci sono attori che, più di altri, artisticamente non sono doppiabili e andrebbero obbligatoriamente visti in lingua originale (vedi il caso di Robin Williams). Ma anche l'australiano Geoffrey Rush rientra tranquillamente in questa categoria. I punti deboli più evidenti dell'opera sono gli eccessi allegorici che talvolta scadono nel kitsch patetico, l'estrema frettolosità di diversi passaggi e alcune imperdonabili omissioni come Lolita e Hollywood Party che sono tra le vette assolute della carriera di Sellers.
Voto:
Nessun commento:
Posta un commento