Il
rimorchiatore interstellare “Nostromo” è in viaggio di ritorno verso la terra,
con il suo equipaggio composto da sette persone ed un computer centrale,
“Mother”, che ne governa le principali funzioni. La sua rotta viene però
improvvisamente cambiata a causa di una trasmissione proveniente da un pianeta
sconosciuto, che sembra una richiesta di soccorso. Sul pianeta gli uomini della
“Nostromo” si imbatteranno in un letale parassita alieno che infetterà uno di
loro e riuscirà a salire a bordo della nave. Il viaggio si trasformerà, quindi,
in una drammatica lotta all’ultimo sangue tra l’equipaggio e la terribile
creatura, che sembra priva di punti deboli. “Nello spazio nessuno può
sentirti urlare”, così recitava la frase di lancio di Alien alla sua
uscita nelle sale nel 1979.
A parte l’ovvietà scientifica della stessa, essa suona,
piuttosto, come un monito oscuro e minaccioso, che fa già presagire l’incubo
che attenderà i protagonisti della vicenda e gli spettatori stessi. Diretto da
Ridley Scott, tre anni prima del formidabile Blade
Runner, questo indimenticabile capolavoro, sospeso tra fantascienza e
horror, rappresenta la più inquietante riflessione mai offerta dal cinema sul
ruolo dell’uomo nell’universo. Nonostante una sequenza shock di forte impatto
cruento, entrata di diritto nella storia del cinema, il film ha i suoi punti di
forza nelle atmosfere cupe e claustrofobiche, nella suspense che ti mantiene incollato
alla poltrona, nel continuo senso di minaccia incombente e nella straordinaria
figura dello xenomorfo: icona possente di paure arcane, una sorta di “angelo”
della morte, puro, letale, privo di coscienza e di morale, che uccide obbedendo
ad un istinto ancestrale, volto alla moltiplicazione della sua terribile
specie. Vincente, in tal senso, la scelta di non mostrare mai troppo l’alieno
per quasi tutto il film, obbedendo alla “lezione” hitchcockiana sulla
costruzione della tensione. Per lo straordinario design della creatura aliena
sono stati premiati con l’Oscar agli effetti speciali lo svizzero Hans Ruedi
Giger (che ne ha concepito l’aspetto) ed il nostro Carlo Rambaldi (che ne ha
progettato le parti meccaniche). Altresì memorabili le ambientazioni sul
pianeta alieno, una sorta di incubo visionario di forte possanza metaforica,
con commistioni tra organico ed inorganico, influenze gotiche, scenari onirici
ed evidenti simbolismi sessuali. Fece di Sigourney Weaver una star, con il ruolo di Ellen
Ripley che ne ha segnato definitivamente la carriera e da cui non riuscirà mai
più ad uscire. Ha avuto tre seguiti ufficiali, un prequel ed una miriade di
cloni, epigoni ed imitazioni. Ma l’originale resta, ovviamente, insuperabile.
Voto:





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