domenica 4 gennaio 2015

Regalo di Natale (Regalo di Natale, 1986) di Pupi Avati

Quattro amici di vecchia data, Franco, Ugo, Lele e Stefano, si ritrovano dopo tanti anni, durante la notte di Natale, per una partita a poker che potrebbe cambiare le loro vite. Il quinto giocatore è il misterioso avvocato Santelia, ricco, buffo e maldestro, convocato da Ugo nel ruolo di vittima sacrificale o, come si dice in gergo, del “pollo” da spennare. Ma la notte è lunga, fredda e ricca di sorprese e sul tavolo verde non si giocherà soltanto a poker ma al crudele gioco della vita. Cupo dramma di provincia, che nel finale si erge a beffardo apologo sulla cupidigia, diretto con mestiere dall’esperto Avati ed intriso di malinconica nostalgia nelle scene in flashback, che riassumono la vita e la personalità dei quattro amici protagonisti. Franco (Diego Abatantuono) è brillante e rampante, è un asso del poker, ha una vita agiata e qualche scheletro nell’armadio. Ugo (Gianni Cavina) è il suo ex migliore amico dopo un litigio di gioventù a causa di una donna, ha problemi economici e maniere subdole. Lele (Alessandro Haber) è lo sfigato del gruppo, perdente nato, pittoresco e ciarliero, lavora come giornalista per un giornale locale. Stefano (Luigi Montefiori) appare come il più equilibrato dei quattro: schivo, sportivo, introverso, forse con tendenze omosessuali. L’avvocato Santelia, egregiamente caratterizzato da Carlo Delle Piane, è un omino goffo e pedante, con maniere affettate  e scarsi esiti in amore come al tavolo da gioco. Avati dimostra tutta la sua abilità nel raccontare il mondo che conosce alla perfezione, la provincia del nord Italia, conformista ed ipocrita, con il suo sottobosco di avidità, meschinità e miseria morale. Perfetto il bilanciamento tra la partita al tavolo verde, che ha i tempi serrati di un thriller nei suoi picchi di suspense e nei colpi di scena, e la caratterizzazione dei personaggi, di cui si evincono i tratti essenziali attraverso dialoghi pungenti o riusciti flashback. Il risultato è un ritratto antropologico sincero, amaro e dolente, in cui il quintetto di attori fa il suo lavoro in maniera egregia, ciascuno con la faccia giusta per l’occasione, come d'altronde si conviene al tavolo verde. Premiato al Festival di Venezia con la Coppa Volpi per il sorprendente Carlo Delle Piane, è uno dei migliori film italiani degli anni ’80 ed anche l'opera più riuscita del prolifico regista bolognese. Ha avuto un seguito, più canonico e meno ispirato, nel 2004, La rivincita di Natale, sempre diretto da Avati e con tutto il cast al completo tornato al suo posto per l’occasione. Nell'opulenta e discontinua filmografia dell'autore questa è la pellicola che resterà.

Voto:
voto: 4/5

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