domenica 4 gennaio 2015

L'ultima tentazione di Cristo (The Last Temptation of Christ, 1988) di Martin Scorsese

Dal controverso romanzo del greco Nikos Kazantzakis, Scorsese ha tratto il film scandalo annunciato: maledetto a priori, osteggiato dai cattolici, proibito dalla chiesa, bandito ancor’oggi in diversi paesi, accusato da più parti di blasfemia e oscenità oltraggiosa per la comunità cristiana. Il grande regista italoamericano ha sempre sentito molto l’argomento religioso, che ha pervaso tutti i suoi primi film attraverso un sofferto percorso interiore dei suoi personaggi, tradotto in termini di tormento, espiazione e redenzione. In tal senso questo film “alternativo” sul Cristo, a lungo meditato tra rinvii e ripensamenti, era quasi inevitabile per l’autore newyorkese. Il risultato è un’opera ambiziosa, prolissa, magniloquente, viscerale, sanguigna nei toni e nei colori, non sempre equilibrata e con punte di spettacolarizzazione gratuita che ubbidiscono all’enfasi che esala dal progetto. Tra momenti visionari notevoli e maldestre cadute di stile, l’autore ci presenta una rilettura umana del Cristo, tratteggiato come insicuro, imperfetto e corroso dai dubbi di fronte al peso schiacciante della sua alta missione ed alle tentazioni della carne, personificate nel corpo “generoso” di una voluttuosa Maddalena. La rilettura predetta si ispira, chiaramente, al capolavoro pasoliniano Il Vangelo secondo Matteo, per le atmosfere primitive e per la concezione di un Cristo umano prima che divino, benché  non ne raggiunga mai né la densità simbolica né la statura poetica. Con evidenti problemi di miscasting (Willem Dafoe e Harvey Keitel sono bravissimi ma hanno, evidentemente, poco a che vedere con i testi sacri) ed un furore estetico che non si sublima mai in una reale dimensione artistica, il film trova i suoi momenti migliori nel controverso momento onirico, ovvero la tentazione finale, e suprema, in cui Gesù, morente sulla croce, immagina un destino alternativo ed una vita “normale” accanto alla Maddalena e poi, alla morte di questa, a Marta, sorella di Lazzaro, da cui avrà una famiglia. Il forte accostamento tra Cristo e la sessualità, che ha fatto tremare i polsi del cattolicesimo romano per la promiscuità tra il sacro intoccabile ed il tabù primigenio, si risolve in un’iperbole surreale di alto spessore visionario che fornirà poi un risalto trionfale ancora maggiore all’inevitabile, e liberatorio, “tutto è compiuto”, che abbiamo imparato ad accettare dogmaticamente per tradizione.  Sono quindi ridicole le accuse mosse al film che ha coraggio, personalità e, alla fine dei conti, conferma la tradizione cattolica dopo aver giocato a lungo sulla lama di rasoio del finale alternativo “scandaloso”. E, come sempre accade in questi casi, il grande frastuono mediatico ha fatto la fortuna della pellicola che ne ha tratto una notevole pubblicità gratuita e, quindi, un inevitabile ritorno economico a causa dei tanti che hanno scelto di vederla anche solo per curiosità. Non vale i capolavori del regista ma è un tentativo, vigoroso ed appassionato, di rileggere la “più grande storia mai raccontata” sotto un’ottica nuova, dubitativa e possibilista, piuttosto che ottusamente dogmatica. Il risultato non vale in pieno il coraggio dimostrato, ma la personalità artistica è roba da grandi autori. Autori come Martin Scorsese.

Voto:
voto: 4/5

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