domenica 4 gennaio 2015

Il miglio verde (The Green Mile, 1999) di Frank Darabont

Nel braccio della morte del carcere di Cold Mountain, in Louisiana, durante gli anni della Grande Depressione, il capo delle guardie Paul Edgecombe (Tom Hanks) deve gestire un detenuto particolare: un gigantesco uomo di colore ritardato, di nome John Coffey, condannato a morte per lo stupro e l’omicidio di due bambine bianche. Ma questi appare innocuo, gentile e dotato di straordinari poteri soprannaturali che gli consentono di guarire i malati con il solo tocco delle mani o di “entrare”  nella mente altrui attraverso il contatto fisico. Il periodo di permanenza di Coffey a Cold Mountain cambierà tutti i presenti per sempre, in un modo o nell’altro. Secondo adattamento del regista Darabont di un racconto di Stephen King, ancora una volta a tema carcerario dopo il precedente e riuscito Le ali della libertà, con questa crudele favola nera che ribalta le concezioni archetipe (l’uomo nero non è il cattivo) ed emoziona per la garbata umanità che traspare dai due personaggi principali: il sempre bravissimo Tom Hanks nei panni del capo Edgecombe, combattuto tra il senso del dovere e la sua alta moralità che si evidenzia in una naturale gentilezza, ed il sorprendente Michael Clarke Duncan, nel difficile ruolo del gigantesco Coffey, a cui Dio ha dato e tolto (tanto) in egual misura. Sospeso in bilico tra horror e fantastico, brutalità e commozione, lirico e tragico, è un apologo triste sulla natura umana, sui rapporti che possono nascere in situazioni estreme, in cui la componente “miracolosa” diventa metafora, cristiana, dell’ascesi catartica di uno spirito innocente di fronte a una profonda ingiustizia subita. Nonostante qualche furbizia retorica ed una certa prolissità dovuta all’estrema lunghezza è un’opera ammaliante che colpisce nel segno e non si fa dimenticare, proprio come il suo gigante protagonista.

Voto:
voto: 4/5

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